mercoledì 13 luglio 2011

Chiuso per ferie

lunedì 11 luglio 2011

Notizie dal mondo




Notizie dal mondo
(Fonte: Leggo.it)







Oggi volevo semplicemente rendervi partecipe di queste bellissime notizie dal mondo.
Godetevele.

Gp

venerdì 8 luglio 2011

Venerdì con Zio Tibia

Venerdì con Zio Tibia


Era sera, ma non tardi, ed io e Francesco abbiamo cominciato a parlare di fantasmi.
Io ho raccontato la trama di un film che lui non aveva visto, e poi ho parlato di due o tre espisodi di familiare memoria.
Niente di particolarmente spaventoso, solo che ci siamo accorti dell' estate.
Per me l' estate è indissolubilmente legata alla paura, ai fantasmi; sono il caldo, le notti all' aperto, il grande cielo nero, ad esser i miei sinonimi del terrore.
Tutto questo perché, probabilmente, mi è sempre capitato in questa stagione di ascoltare certe storie di paura, di vedere certi film, di guardare, impaurito, il tetto sopra la mia testa.
Mia nonna mi raccontava un sacco di storie prima di dormire e i miei cugini, seduti nel giardino di casa, a notte alta, si divertivano a mettermi paura; ci riuscivano quasi sempre.
C'è dell' altro: era d'estate, solo allora, che esploravo una pineta vicino casa di mio zio.
C' erano dei bunker della seconda guerra mondiale là dentro e si scendeva giù, in basso, dove si vedeva davvero poco, dove l'immaginazione prendeva il sopravvento.
In un paio d'occasioni la curiosità, mista a coglionaggine, mi spinse ad avventurarmi in un piccolissimo tunnel, dalle pareti d' argilla, che si sbriciolavano al sol contatto; sognavo fossero di pan di zucchero. +
Si diceva portasse fino al mare.
In fondo non ci sono mai arrivato, e non me lo perdonerò mai: erano le stagioni dell' avventura, solo allora avrei potuto realizzare un' impresa.
Oggi al sol pensiero mi viene il vomito.
E quando leggevo Stephen King?
Sempre e solo d' estate; senza la scuola avevo più tempo.
Francesco mi ha detto che in Giappone, lì dove ha vissuto tre anni, ad Agosto si festeggia il giorno dei morti, e i ragazzi del posto allestiscono un curioso gioco : il gioco delle 100 candele. Si riuniscono in un luogo aperto, tipo in un giardino, e piantano nel terreno 100 candele.
Poi le accendeno e ognuno di loro narra una storia di fantasmi.
Alla fine di ogni racconto si spegne una candela e così, man mano che si va avanti, si fa sempre più buio, più tardi, e nella mente dei ragazzi si affollano immagini, parole, volti, di tutte quelle storie del terrore.
Una gran paraculata!
Per Francesco, pero', la stagione della paura è l' inverno.
Fa freddo, piove, le giornate sono più corte, il buio divora la luce, e a Novembre c'è la nostra festa dei morti.
Anche lui ha avuto in eredità familiare una serie di episodi sinistri, ma di ciò che ha raccontato mi ha particolarmente impressionato la seguente rivelazione: un suo amico sudafricano, un coinquilino in Giappone, è capace di vedere i morti, o almeno così diceva.
E lo diceva tranquillamente, come se fosse una banale normalità.
Ne vedeva molti nei tram e anche a casa loro, una vecchia casa dei primi del novecento, ne vedeva spesso uno: un vecchietto, un innocuo passeggiatore.
Ma lui ci parlava coi morti?
Ogni tanto sì, gli rispondevano, anche se non ci capiva niente; la voce risultava disturbata, e lontanissima.
Che stupidata vero?
Eppure al ritorno a casa, da solo, alle due del mattino, un po' c' ho pensato e mi è parso di vedere intorno a me, fermi davanti ai bar, aggrappati alle panchine di una villa, in fila per un noto locale, un sacco di morti; morti che non sapevano nemmeno di essere stati un tempo vivi.
E io con loro.

GP

giovedì 7 luglio 2011

Campanili

© mrrobertwade on FlickrLa pece che cosparge le case le rassomiglia a tombe. Sapete quei prati all'inglese, con le vecchie chiese che non si sa da dove spuntino, perché proprio lì, beh, questa sensazione l'ho provata per questa foto qui a fianco. C'é tanto spazio intorno, cento anni fa era ancora di più, e ogni campanile piace finché è quieto, ossia incapace di suonare. Sembra che le campane gli inglesi le abbiano importate per farle sentire da dietro un muro, al riparo dall'aria, non inventate.

L.M

mercoledì 6 luglio 2011

La domenica del giorno prima

La domenica del giorno prima


Sarà un giorno di fine giugno, con un sole, però, dei primi di aprile, caldo, ma non aggressivo, piacevole.
Sembrerà mattina, e invece sarà pomeriggio.
Alla radio ci sarà una canzone inglese pop-rock, di quelle orecchiabili ma non troppo, ripetitiva, ma ricercata.
Guiderò sicuro, con la faccia seria, lo sguardo fisso avanti, come se sapessi esattamente dove andare, e ci andrò senza fretta, ma nemmeno con troppa lentezza.
Non cercherò di dare attenzione a tutto, come sempre faccio, anche se tutto, ogni cosa, mi sembrerà più viva, lucida, quasi accecante; e ne avrò il controllo.
E poi ci sarà un attimo in cui sterzerò a caso e mi schianterò da qualche parte, su qualche cosa.
La canzone continuerà ad andare, io no.

GP

martedì 5 luglio 2011

Campanelle

Domani pioverà.
Le luci che penzolano
come tante campanelle
che si sfregano e si urtano col vento
per scacciare il cielo azzurro,
cariche anche loro di pioggia
e di stanchezza per un lunedì monotono,
penderanno gravide d'acqua
sin quasi al suolo.
Domani pioverà,
quelle campanelle che strofinano
i loro ricami al suolo
risaliranno, diverranno stelle
per altre notti monotone finché
un lunedì le libererà

L.M

lunedì 4 luglio 2011

Io sono tua madre

Io sono tua madre

Credo che a volte le pubblicità siano un buon campo per sondare le caratteristiche del nostro tempo che, a volte, è talmente folle da diventare geniale.
Questo spot è, exempli gratia, la prova di quanto detto.
A Voi.

GP

sabato 2 luglio 2011

Resistere

Resistere

Direi che bisogna resistere.
Mettersi dietro una barricata, in un fosso, al di qua di una trincea, e resistere ad oltranza.
Riposarsi quando necessario, sparare quando attaccano o tentano di farlo, respingere, respingere.
Arriveranno i rinforzi, arriveranno con i rifornimenti, cibo e munizioni, e arriverà anche l'arma segreta, quella definitiva, risolutrice, arriverà e la guerra sarà bella è finita.
Un trionfo; un nuovo 25 aprile.
Resistere. Resistere.
Bisogna solo resistere.

GP

venerdì 1 luglio 2011

Senza titolo

L'artista è viziato dal suo stesso genio. Per qualcosa sbocconcellato col carboncino possono esistere, ed esistono, dieci, venti, trentotto titoli diversi. Scegliere è difficile: in questo istante l'opera è quel titolo, magari potrà benissimo indossarne, domani, un altro. In effetti pochi sono gli artisti che cominciano già dal titolo - il titolo è una summa, quindi non potrà mai essere perfetta. Restano a bocca aperta davanti ai loro pasti pittorici così, immobili, e si agguantano a ciò che, sazi, possono ancora comprendere del loro innanzi che non è stato dimenticato o digerito a dovere, bollandoli con un "senza titolo, n°1, 2, ..." da scialbi eremiti dell'immagine da spennare. Senza parole, semmai, non senza titolo. Così appendono il titolo che hanno generato da qualche parte nella mente. Il bene è un altro: potranno inventarne uno nuovo per ogni visitatore, dopo ogni pranzo.

L.M

mercoledì 29 giugno 2011

Loro sono tamarri, e tu?


Loro sono tamarri, e tu?


Io sono un coglione che guarda certi programmi di merda!
E Fiammetta Cicogna colpisce ancora, dopo "Non chiamateli ciuccini", ora se ne esce con questa domanda che, retoricamente, ha un suo perché: partendo dai protagonisti dello show sposta l'attenzione dello spettatore su se stesso, quasi a rompere la quarta parete.
In realtà è una cazzata, inferiore per minchiata a "Non chiamateli ciuccini" che, secondo me, rimarrà imbattibile per non-sense e fastidio intrinseco alla frase stessa, però tutto questo testimonia il cambio di direzione che la figa Cicogna ha intrapreso in questo scorcio di inizio estate.
Certo, in inverno aveva "presentato" Wild, ma non non si faceva portavoce di tormentoni come questi due che, evidentemente, qualche buon copywriter le ha suggerito.
Ma dove vuole arrivare la Fiammetta?
Spero da nessuna parte, queste cazzo di inutili frasi mi stanno devastando il cervello, e tremo al sol pensiero di vedere di nuovo la sua faccia da "ragazzina 15 enne che non disdegna la mazza" (Non chiamateli ciuccini) o da "Dio quanto sono figa, te la do solo se sei figo anche tu, anche se mi piace il cazzo, lo voglio ribadire" (Loro sono tamarri, e tu?) che spara nuovi tormentoni a ripetizione.
Ti prego Fiammetta Cicogna, fermati, questa deriva fastidiosamente invasiva e fantasticamente non-sensing mi ha già abbondantemente rotto li coglioni!!!

GP

martedì 28 giugno 2011

La sfera

Finalmente ci sei.
La tua rupe titanica è una torre con le antenne. Scodinzola
nella nebbia al mattino presto, coi primi riflessi dello spettro
che la sfidano, come la coda d'un pavone, dall'alto verso il basso.
Gli aeroporti sono miracolose sfere-giocattolo piene di nebbia.
L'aria si tramuta in pioggia o nei tuoi ultimi desideri da terrestre.
Poi, aria. Aria profonda, respiro infinito.
Nulla si sente più del vecchio mondo. Il mondo nuovo è incolore
e grida, molto più forte del primo.
Le nubi più giovani si generano, si staccano e precedono le vecchie; nascono e periscono
sulla terra che sorvolano, e solo su quella muoiono in pace.
Si smembrano in forme, milioni di miliardi di forme, che giocano l'una
sull'altra perché la natura le istruisce a far fantasticare gli uomini.
Cori intimi e vuoti. Cortili d'aria. Scogli e cristalli d'acqua marmorea.
E flutti, sottilissimi flutti che strofinano gli occhi contro il sole e il
niente che questa Terra non ha capito. L'azzurro si annerisce col
nerofumo del cosmo. Che bolla felice, la Terra giù, blu e interamente
sola con se stessa. Poi, si ridiscende. Il sole è tornato mortale. Il cielo
è risalito, le nubi sono scappate in alto e ridicolizzano gli eroi che,
ciascuno a modo proprio, ricordano l'impresa.
Le rive d'aria intrisa d'acqua si son potute toccare solo attraverso i
finestrini. La luce le scolpiva come il ghiaccio, disegnando un vento
immobile che ne lavorava gli zigomi. Che eroi! Il vento diventa, sotto
le ali, quello di prima, torna a farsi sentire, a sbattere, a seguire
i ritmi umani. Ridiviene mansueto. Torna ad essere l'aereo buono,
con anime devote all'aria, l'aereo che non ferisce, che passa sopra
le teste e fa sognare, o almeno, alzare lo sguardo a chi attraversa
la strada o lo spiffero della finestra. Eroi, siete eroi.

L.M

lunedì 27 giugno 2011

Alla ricerca del Nintendo perduto

Alla ricerca del Nintendo perduto.


Tredici anni fa, all'inizio di una delle più belle estati che la mia mente ricordi, comprai, per 150 mila lire, un Nintendo 64 usato con Zelda Ocarina of Time nuovo di pacca.
Ci giocai tutta l'estate senza finirlo mai, mi bloccai ad un cazzo di dungeon acquatico che, allora, ritenni impossibile da risolvere.
Un anno e mezzo dopo, in un freddo dicembre, pochi giorni prima di natale, decisi di vendere tutto per compare un Dreamcast, mitica console della Sega.
Non mi sono mai pentito di quell'acquisto, ma fin dai primi giorni mi pentii di aver venduto il Nintendone.
Sono passati, appunto, tredici anni, e in questi giorni ho deciso che ciò che il mio passato reclama dovrà esser soddisfatto, che ciò che mi è stato tolto dovrà essermi reso, che quell'estate deve tornare, per forza, e deve tornare adesso.
Ricomprerò il Nintendo 64 con Zelda Ocarina of Time, costi quel che costi; e supererò quel dungeon acquatico, cazzo, finirò il gioco e tornerò ragazzo.
Ne sono sicuro, sarà così.

GP

sabato 25 giugno 2011

Samaritani

Samaritani

Il buon samaritano, portatore di sventure, non si smentisce mai.
Ieri ne viene uno. Anche lui stracolmo di vita mandata per tutti i pori in perenne replica, ti vuole aiutare a vedere il tuo domani dal suo ieri, che resterà immutabile.
Non è da pazzi chiedersi perché in quei momenti ognuno di noi non esista da qualche altra parte con cui scambiarsi. Mentre prendono la pensione, ti raccontano di oceani in tempesta e tempeste affrontate a sette anni, mattoni delle Piramidi trasportati per chilometri su strade deserte, strade che si allungavano a ogni passo, ripercorse a ogni ricordo, di trenta chilometri. Abbiamo idee troppo ingombranti nella testa perché ci facciano strada. O sono loro ad essere ingombranti, solo per precedenza o, dico io, giusnaturalismo senile.
Quando tornano al loro posto privato ed esclusivo di nonni, tutto cambia. Diventano buoni, e sanno davvero parlare della vita: dipingono per diletto da quando si erano sposati e non hanno mai detto nulla di questo o quel dettaglio, regalano piccole cose ai nipoti che i padri rifiutano rigidi (oggi, il mondo è tutt'altro, scordatevelo) regalini che possono solo far piacere, perché crescano rigidi, sani in un mondo che sano non è. Cosa sanno loro? Cosa sanno come il mondo cambierà faccia tra cinque, dieci, trent'anni? I nonni ci hanno fatto l'abitudine.
Hanno imparato col tempo, e lo impareremo anche noi, a giocare con l'arte della vita, né prendendola di petto - perché poi ha le sue regole - né, d'accordo con tutto, a giocarsela. Ma la vita è vita per questo, non si vive, si fa e basta. I nonni, dal canto loro, la fanno veramente ora.
E così l'arte è davvero libera, come le parole dei saggi, o dei bambini.

L.M

giovedì 23 giugno 2011

Una pecora, due pecore, tre pecore...

Una pecora, due pecore, tre pecore...

Un pò di anni fa mi chiedevo quale sistema utilizzassero le persone per addormentarsi.
Venivo da un periodo in cui soffrivo d'insonnia, e non riuscivo in alcun modo a prendere sonno prima delle tre, tre e mezza del mattino, per svegliarmi, poi, solo un paio d'ore dopo.
Quel periodo, per fortuna, finì così come era iniziato, senza alcun motivo apparente, ma la curiosità di capire e conoscere se gli altri, coloro che non sono me, utilizzano qualche particolare metodo per andare facilmente nelle braccia di Morfeo, mi è rimasta.
E non l'ho mai esternata, mai fatto domanda a qualcuno.
Per quanto mi riguarda, quando ero piccolino, mi bastava contare le pecore, più in là, intorno alla prima adolescenza, mi bastava pensare al mare e alla spiaggia: mi rilassava in modo incredibile.
E adesso, che sono ormai quello che il Tempo definirebbe Uomo, chiudo gli occhi e ascolto le puntate dei Robinson su K2.
Sì, avete capito bene, da quasi un anno, su K2, dalle 23 alle 1.30, trasmettono a ripetizione puntate dei Robinson senza alcuna soluzione di continuità, temporalmente sballate fra di loro, e che, molto probabilmente, avrò già visto un centinaio di volte in età non sospetta.
Ma la cosa non mi interessa affatto, non capisco quasi mai la storia, se non nei primi dieci, quindici minuti di ascolto, ma poi sento solo il suono delle voci, delle risate, di quella unica, mitica risata, sempre la stessa, che sia alza e si abbassa disegnando, nel mio cervello, una leggera spolverata di zucchero filato.
E poi, quando davvero non capisco più nulla, nemmeno il semplice suono, spengo e dormo.
E' uno dei momenti più belli dell'intera giornata, e quando ho qualche problema, quando non vedo l'ora che la giornata finisca, mi dico: "Vabbè, tanto stasera ci sono i Robison e mi addormento facile facile".
Che cosa accadrà quando tutto questo finirà, quando K2 deciderà di cambiare programmazione?
Non lo so, non ci voglio pensare, fra poche ore ci saranno di nuovo i Robison e, finalmente, riuscirò a riposare.

GP


Waiting for

Waiting for

Lui, in un angolo, aspettava qualcuno, o meglio qualcosa, che si tirasse fuori da quel cartone d'idee fracassate e distrutte che teneva con cura sotto il letto. Consumava l'apatica con una apatica sigaretta. Aspettava col garbo di un gentleman, la barba fatta, in giacca e cravattino, nel semi-buio di un angolo retto. La sua epica figura aveva il vizio degli inetti.
Ma la vita non è una sigaretta.
Lui fumava; il pavimento era coperto alternativamente, un mattone sì e uno no, dai mozziconi.
Erano saggi a lasciarsi cadere dalle sue mani...perché prima o poi avrebbe spento anche quella sigaretta. E dopo altre.
Gli interessava agire direttamente sul fuoco, acchiappare tra le dita il tabacco incandescente e - senza rumore - soffriggersi un pò i pollici per far morire prima qualcosa che semplicemente era alla fine. Ma una sigaretta non finisce mai, in realtà: nessuno vuole arrivare a fumarsi le dita,
si potrebbe benissimo fumare all'infinito una sola che fumarne altre.
La fragile incastellatura d'atomi dell'interno di un Hinderburg in miniatura ardeva. Lui decideva come e dove, e se continuare a disseminare rottami sul pavimento, o spegnere anche quella sigaretta.
Lui non decise: non era in grado. Il pavimento dolorosamente buio, sovraccarico d'acque e inscatolato non è la vita. Non se ne andrà mai da quel paradiso; lui aspetterà.

L.M

mercoledì 22 giugno 2011

L'inedia

"L'inedia"

Ci sono periodi dell'anno in cui non ho voglia, davvero, di fare niente.
Sarà il caldo, sarà il vento, che cerco per evitare il caldo ma che, sempre, mi asciuga gli occhi facendomi un male cane, ma una cosa è sicura: l'inedia mi ha conquistato.
Ogni volta che penso di fare qualcosa, avverto un senso di disgusto e nausea alla bocca dello stomaco.
Sarà depressione?
Non credo, però qualcosa è, e non è nemmeno la prima volta che mi capita, mi succede ciclicamente ogni anno.
Avrei proprio voglia di chiudere questo blog... la sola concezione di "obbligo" mi devasta.
Vedremo.
L'inedia mi sovrasta.

GP

martedì 21 giugno 2011

Secessioni temporali

Proverò per oggi a spiegarvi la linea del tempo:
domani è ieri, ieri è oggi, oggi è domani.

Mi spiego.

Domani, cioe' oggi, avrò completato questo post.
Oggi, cioè ieri, lo avrò pensato e già letto.
Domani ripenserai a questo post di ieri, perché
Oggi questo post ci sarà anche tra quelli di domani.
Ciò che è oggi lo hai quindi già letto ieri e domani.

....Capito?

L.M

lunedì 20 giugno 2011

sabato 18 giugno 2011

Notte

Il vero potere della notte non è non riuscire a farti dormire, è che riesce a farti sentire sconosciuto perfino a te stesso.
Le arance dei semafori sono gialle per ognuno che passi all'una sotto un ponte, in periferia, perché il semaforo ha smesso di guardare e di sentire, ha smesso anche di canticchiare la sua monotona canzoncina rosso-arancione-verde e daccapo, non gliene frega più niente se fumi, se sei un bravo ragazzo, se studi o se te ne vai a zonzo fuori casa con una maledetta psiche nella testa che gira, gira e intanto consuma gli occhi in un inutile vortice di auto.
Quelle sfrecciano, sì, ma anche a loro non gliene frega nulla, nulla di nulla, e i loro stop che si divincolano agli angoli delle strade somigliano a sigarette accese che non smettono di bruciare.
Si trascinano per chilometri, per ore, bruciando l'aria prima che ti entri nei polmoni.
La notte è una scusa per non vedere la luce, essere nati per non nascere o magari vedere poco, restare all'oscuro del mondo per non esserci mai passati di giorno. Anche il cielo è fuggito: lui pure se ne frega e non t'aiuta.

L.M

venerdì 17 giugno 2011

Quaderno di scrittura III

Quaderno di scrittura III:
I modelli e la linea guida.


Mi rifaccio a Kafka, per i racconti credo che sia uno dei migliori modelli che si possano seguire:

- La vera via passa su una corda, che non è tesa in alto ma rasotterra. Sembra fatta più per far inciampare che per essere percorsa.

- La disgrazia di don Chisciotte non è la sua fantasia, è Sancio Pancia.

- Vedere se stessi come una cosa estranea, dimenticare ciò che si è visto, conservare lo sguardo.


GP

giovedì 16 giugno 2011

Cazzate googleiane

In principio,
la mia domanda era: Come si fa a sapere se uno si connette al router?
Basta cercare queste parole, mi dico: "come si fa a sapere se uno..." e via.
Ed ecco invece le quattro domande fondamentali nella vita del popolo italiano, che Google non esita a propormi:

Cioè omofobia, sesso, tranquillità di vita, possibilità di successo. Questo, solo questo chiedono gli italiani al mondo e alla vita. Solo questo.

L.M

mercoledì 15 giugno 2011

Quaderno di scrittura II

Quaderno di scrittura II:
"La struttura del racconto"


I seguenti punti saranno fissi e consequenziali all'interno del primo capitolo:

- Subito nel mezzo dell'azione, nessuna premessa o introduzione.
- Descrizione della scena, anche minimale. Dai dati oggettuali si passa a piccole informazioni sul protagonista. Non dilungarsi su queste informazioni.
- Nessun pensiero del protagonista. E' la descrizione a dominare.

Non sto cercando di creare qualcosa di originale; sto cercando solo di creare qualcosa.

GP

martedì 14 giugno 2011

Pensieri di vecchi

Pensieri di vecchi

Quando si ritorna, da vecchi, alla propria infanzia dimenticata tra le fronde del giardino che la videro nascere sorridente, ci si sente soli, soli, soli. Le carezze si davano quando tutto andava bene e proprio quando tutto andava male e c'era più bisogno di loro, ecco che quella mano taceva.
Che furba idiozia, la vecchiaia!
Si torna in quel giardino per vederlo dietro a delle cancellate. Non lo si profana, non si ha voglia di ripercorrere i propri passi: fanno paura. Si vuole solo guardare, e anche e soprattutto ora non arriva nessuna carezza...

L.M

lunedì 13 giugno 2011

La Libertà è partecipazione


Oggi faccio qualcosa che in genere odio: postare una canzone senza aggiungere alcun commento.
Oggi lo faccio perché credo che basti e che sia importante.
Proprio oggi.
A Voi.


GP

sabato 11 giugno 2011

Schegge teatrali II

Re: "Le nuvole tacciano,

i venti smettano di incatenare

l'aria! Chi siete, o nubi di bianca

essenza, liberate

la mia aria! Stirpe di sogni

malata di guerre, pensieri

che la mente dipinge su di voi...

Basta! Che io liberi l'aria

da quei boccioli di rose che la

contengono come ambra.

O rose, madri del cielo

che ho sotto casa, smettete di

urlare all'acqua e dite

il vostro nome: voi

di chi siete?"


(Il re si mise coll'orecchio sempre più

vicino ai petali. Nessuna risposta

né suono da questi.)


Re: Ah! Voi rose, andate d'accordo

solo con le donne!

L.M

venerdì 10 giugno 2011

Quaderno di scrittura I

Quaderno di scrittura I: Le difficoltà dell'inizio

Come si scrive un racconto breve? Quanto devo dire per caratterizzare i personaggi, le situazioni, la storia?
Ho iniziato un racconto (L'urlo) concentrandomi sul protagonista, e di lui ho rivelato già il 60%: età, carattere, parentele.
Ma non so se sia giusto; mi ritrovo a scrivere narrativa dopo tanto tempo e mi sembra di essere alla prima elementare, subito dopo aver imparato a scrivere le lettere dell'alfabeto.
Ho difficoltà che un paio di anni fa avevo totalmente eliminato.
La soluzione non è dietro l'angolo, e credo che l'unica cosa possibile sia provare, e provare, e provare.
Leggere, scrivere. Leggere, scrivere.

giovedì 9 giugno 2011

Ragazze in bicicletta

Le ragazze hanno l'aria di pedalare davvero per un secondo fine, quando sono in bicicletta.

Grosse o minute, bianche o scure, a loro la bicicletta in sé non importa: importa con chi si va, se sono in più d'una, o unicamente dove si va - è raro trovare una ragazza che pedali sola.

Una volta, tuttavia, m'è successo. Aveva le gote rosse, era un po' sovrappeso, forse anche un po' affaticata, ma per nulla disturbata dal traffico e da me che la stavo osservando. La realtà immediata, esclusa la strada, era insomma opzionale. La giacchetta legata fiaccamente ai fianchi le dava un'apparenza da apprendista di qualcosa…di qualche strano alchimista che, magari, aveva inventato la pozione perfetta per digerire l'insopportabile di ogni cosa e dimenticare il traffico.

Perché le donne devono sempre pensare ben al di là...?


L.M

mercoledì 8 giugno 2011

Tornare a casa

Tornare a casa

Aver visto due matrimoni in una settimana.
Sempre più convinto che siano una realizzazione per alcuni, per altri, non per tutti.
Per me a 15 anni era un sogno; a 20 l' avrei fatto senza batter ciglio; adesso vorrei saltare a piè pari questa mezza età, l'età in cui devi farlo per forza, presto e subito, perché è l'ultimo arco di tempo in cui sei ancora appetibile per qualcuno che, come te, ha paura di rimanere solo.
E quindi?
Nulla, solo stupide riflessioni mentre, sbattuto su un divano, aspetto di tornare a casa.

GP

martedì 7 giugno 2011

Delicatezza cinese

C'è qualcosa che somiglia alla delicatezza de I ching, o degli haiku? I fiori stessi sono haiku, gli occhi sono haiku, l'anima è un haiku. Si esprime in pochi tratti, come un disegno, il respiro di una persona: ed è insignificante rispetto alla potenza del singolo gesto, dei pensieri, della loro onnisciente naturalità, chi lo compie. Cosa fa è saggezza pura. Perché si fanno miracoli con pochi sforzi, si delineano cerchi che non circondano nulla, si ripassano confini invalidati perché aperti da millenni a chiunque - e nessuno osa profanarli - si rigano lacrime là dove c'è gioia e si passa centinaia di anni a raccontarla. I fantasmi sono uomini che vivono più degli altri, sono aria pura che ognuno inspira ed arricchisce, espirandola, per il prossimo. Perché la casa non è importante, ciò che fa la casa è l'esterno, troppo raro e sconvolto rispetto alla chiarezza dell'interno. La luce passa dove deve passare: è essa stessa elemento architettonico, a lei spetta delineare porte e finestre. Ecco cosa si intende per energia: ricordare il gesto, non compierlo. Compierlo significa già ricordarlo, onorarlo, restituirlo alla sua idea pura di atto manuale, di vita che si fa, in mezzo a poche dita. Nulla deve quindi restare del processo endocrino della coscienza, che la stessa compie a livello subliminale, si deve vedere solo un indizio neutro, il più possibile vicino alle tracce di un Dio. Che qui, di regola, non si deve davvero vedere.

L.M

lunedì 6 giugno 2011

The evening star

The evening star


Ieri sera un amico mi ha regalato un suo disegno stampato su carta lucida.
La cosa potrà sembrare di poco conto e di poco interesse per la comunità, ma io sono rimasto molto colpito dal fatto che quel disegno, a causa di un giudizio negativo, era rimasto chiuso in un cassetto per ben due anni, con tutte le conseguenze del caso: frustrazione, perdita di fiducia in se stesso, paura di non aver nulla da dire.
E' facile zittire un talento, tanto quanto rompere una goccia d'acqua.
Certe persone, certe personalità, non hanno, per propria naturale costituzione, la capacità di far finta di niente, e una parola fuori posto, un giudizio eccessivo ed affrettato, può spezzare in loro ogni tipo di speranza.
Certe persone, certe personalità, sono quelle che nascondono meglio, al loro interno, la bellezza delle proprie idee, la delicatezza di quel soffio di vita che in loro, e in nessun altro, scorre leggera e potente.
"Non ha senso" gli avevano detto guardando il disegno.
E io guardando quel disegno, da ieri sera, sono sempre più convinto che quel treno che sfreccia veloce tra due lembi di mare, che sbuffa fumo e montagne colorate, che è illuminato da una stella fredda e irreale, abbia più "senso" di qualsiasi altra cosa abbia mai visto.
E' facile zittire un talento, tanto quanto farlo esplodere intorno al mondo.
Basta guardare davvero, stare zitti per un attimo, e il resto viene da sé.

GP

sabato 4 giugno 2011

Schegge teatrali I

"Cosa noi siamo?"..

Un re prese la spada da terra e si accoccolò sul trono.
Respirando, disse:
"E se passassero nuvole sopra la terra, capaci di togliere tutti i giorni brutti e infelici con le loro ombre, precipitino - guardandole - come un animale ferito al ventre, dissolvendosi sulle spiagge: quello sì, sarebbe segno che un dio è passato almeno a vedere come stiamo."
Si volse verso di lui un suddito, presente a caso fra i convitati per via delle tavole trecentenarie che doveva trasportare sulla schiena. La testa l'aveva, ma la credeva fragilissima. Fu lui a concludere il breve discorso:
"Cos'abbiamo noi nella testa? Vapore?"
Il re respirava sulla propria barba, calmo. Rise sonoramente, aggiungendo: "Vapore...vapore furibondo!" e un meteorite gli cadde sulla spada.
Non il fulmine di Nabucco(donosor), quello è scontato.

Possibile che un cumulo di vapore possa tanto?

L.M

venerdì 3 giugno 2011

Aforismi V

Aforsimi V

Nulla mi piace fino in fondo, tutto al fondo mi disgusta.


GP

giovedì 2 giugno 2011

La bellezza esiste

©iastudio on FlickrDa un angolo di strada venne fuori un pazzo, calvo e dall'abito bianco, che non aveva più nulla eccetto l'udito. Gli occhi c'erano pure stati una volta, ma a lui non interessava più come era bello vedere la pioggia, le stelle, il mare. Il volto appariva scavato da anni di prigionia, ma vivo, e sorrideva: gli altri non lo capivano. A lui bastava il respiro, la voce, la musica che l'aria infonde nel cuore di tutti. E si fermò davanti al proprio imperatore, scelto a caso tra altri nella folla; gli fece un inchino e ridendo gli confidò che la bellezza esisteva, era dappertutto. La bellezza vive, respira, si sente. Basta accedere lontano entro sé, nello spazio e nella mente, e si vive ogni giorno come il primo.

L.M

mercoledì 1 giugno 2011

Aforismi IV

Aforismi IV

Devo essere sempre più morto per poter parlare dei vivi.

GP

martedì 31 maggio 2011

Alla luna

Luna,
ovunque tu si',
dimme che ci sé
cu sta 'ppressu a mia,
cu le stelle
e le galassie n' rote,
che 'ntu ciel se fote
ù forte sole
quann'é rosse, tante rosse
ù sù foche.
S'ù ciele é 'na rote
cu cont'a vite mie,
e pé cuntarla, me vede,
tegne na sole vote,
aggià rubbà tante stelle
int'a vita mia,
ché 'nna sole
è troppe poche
ppé purtarla
int'à casa mia.

P.s. Questi versi non sono di tradizione tarantina né di altri contesti, li ho scritti io approssimandoli a un generico dialetto salentino.

L.M

lunedì 30 maggio 2011

Aforismi III

Aforismi III

Io non scrivo nè leggo.
Io non faccio nient' altro che passare del tempo nell' attesa che succeda qualcosa.


GP

domenica 29 maggio 2011

Via dei Pini

In macchina, sul sedile posteriore, nel bel mezzo della fila di nostra vita, ebbi... un sogno.

All'inizio c'era un bosco. La sensazione di spazio e lo sfiorarsi oscillante delle canne secche al sole, ai lati della strada, fu sospesa solo da un ronzio leggero di catene di bicicletta. Tre o quattro ne passarono – tutte con su una maglia rosa – e ugualmente agli insetti, arrivarono e se ne andarono in una manciata di secondi. Ero solo.

Alzandomi, i rami coprivano fino al cielo ciò che vedevo. Ne lasciavano tuttavia un oculo aperto alla sommità, come in un Pantheon consacrato alla Natura, o a Madre Terra, o a Madre Aria giacché era vuoto e la luce non scostava rami né disegnava ombre per terra. Si viveva e respirava quasi per inerzia, piante comprese. La dimensione umana si rimpiccioliva al suono dell'humus calpestato.

Avanzai un poco – sottilmente fiacco, però tanto sazio di vedere che vorresti fermarti a tratti per piangere su ciò che non ricordavi di aver visto, e ora vedi – e mi fermai. La via si inerpicava in fondo tra i pini come se fosse annodata ai rami, progressivamente sempre più su, sino a sfiorarne la cima, o magari la base del cielo. La cima in effetti era difficile da scorgere. Alle tredici l'ombra si adatta alle sagome e si nasconde sotto di esse, sotto i tuoi piedi, sotto qualsiasi cosa. Nessuno, nessuna cosa ha più la sua ombra; l'ombra cessa di esistere e ti lascia in pace per circa dieci minuti con la promessa che non vedrà dove vai.

Visto che l'ombra non cambiava, né avanzava per scrutare la strada prima di me, il sogno era tarato sempre sulla medesima ora. Non avevo orologio perché quando devo disegnare non lo indosso mai, portandolo per giunta sempre a destra.

Dopo essermi abbontantemente fermato, riprendo a camminare. La strada, come previsto, sale. Gli alberi salgono anch'essi; in compenso lasciano un po' più di spazio al cielo, che guardacaso si strappa sopra una zona più larga. Sotto, una casetta di legno odoroso. Ingrassato col gelso, forse, che là attorno abbondava. L'aria era anzi fatta di gelso, oltre a una vegetazione che espirava soltanto e fittamente. Non c'erano animali, gli uccelli si sentivano ma distanti. Il fruscio della vegetazione aveva, sentendolo,lo stesso fare elettrostatico delle canne secche, le stesse carezze lente e interminabili, lo stesso ronzio acuto e dissolto in marosi di foglie. Raggiunsi la casetta con foglie di tutti i colori sotto i piedi: la porta era socchiusa, ma a nessuno sarebbe venuto in mente di chiuderla, visto che si reggeva soltanto attorno a scorze di legno più che al legno stesso, profondamente scorticato. Entro, e vedo delle sedie. Al loro centro un tavolo, con un foglio. E sul foglio era scritto ciò che mi ha fatto svegliare: ricordati di prenotare, la prossima volta.

L.M

sabato 28 maggio 2011

Aforismi II

Aforismi II


Non riesco a concepire l'eccezione perchè faccio di ogni eccezione la regola.

venerdì 27 maggio 2011

I bambini si producono?


I bambini si producono?

Raramente scrivo di attualità, ma ciò che vi sto per dire forse merita, forse no - fate voi.
In un articolo di Marta Dassù (La Stampa, 8 maggio scorso) sul metodo educativo della signora Amy Chua spiccano queste parole:

"La tolleranza zero li rende più felici e più forti per affrontare la vita": robottini che non sanno pensare.
E più sotto: "Non esiste un'unica formula giusta per produrre bambini felici, sani, riusciti".

Complimenti alla traduttrice o all'autrice: da oggi i bambini sono prodotti in serie ed etichettati come 'ubbidienti'. In basso, leggiamo le caratteristiche comportamentali: non va dagli amici, non ha il diritto a socializzare, non richiede svaghi o altre coccole, non richiede attività fisica (è una perdita di tempo e quindi non è salutare), non ha bisogno d'essere informato sull'oggi, sa suonare meccanicamente.

E la mamma è contenta, ha fatto un vero figlio: un disadattato che non può uscire dalla fabbrica.

L.M

giovedì 26 maggio 2011

Aforismi I

Aforismi I


Sentire il dolore come un errore, come un' ingiustizia, frutto di un limite, di una sconfitta dell' uomo davanti al suo essere uomo, davanti a Dio.

GP

mercoledì 25 maggio 2011

Lettera a quattro mani

Lettera a quattro mani


Ognuno di noi lascerà su questo foglio le proprie verità. Inizio io.

Lei gli strappa dalle dita la penna.

Aspetto, come mille volte in questi anni, che tu le scriva - e ripassa la penna a lui.

Vuoi che ti dica, Marilé, come stanno le cose?

Dimmelo. - ha scritto lei.

Chi aspetta cosa? - mette lui.

Aspetto l’amore. - dopo un punto ben marcato, depone la penna e lo guarda. Lui la tira verso di sé con delicatezza, e la solleva.

L’amore è la più riuscita buffonata in cui caschiamo interi. Chi ci casca

è per non dimenticarsi di dover vivere.

La penna la prende lei. Non fare troppo il filosofo, dice, e scrive un rigo più sotto:

Eppure vive, vive e muore.

Prendo la penna e lascio lì, di getto:

Poi ci siamo noi, eterni ingenui. Abbiamo o non avremo amato mai, respiriamo e ricordiamo cose. Passate o poco presenti, e amiamo quelle cose.

Continua - disse, preferendo lasciarmi scrivere. Non mi feci pregare una seconda volta.

Si sfiorano parti remote, sempre calde al punto giusto, delle cose amate e si amano ancora: un giorno ultimo pare doversi sempre rifissare.

A quel punto si riprese la penna. Scrisse:

E perciò siamo informali,

informali come l’acqua. Siamo fatti

per leggere e morire, leggere e morire,

eternamente.


L.M


martedì 24 maggio 2011

Il pelo nell'uovo

Il pelo nell'uovo

Al telefono:
- Quindi non t'ha pagato?
- No no, il ragazzo ha perso pure il lavoro.
- Certo, una figa poteva pure fartela conoscere?!
- Ma una tipa me l'ha fatta conoscere.
- Davvero?
- Sì, sì, una ragazza, pure interessante. Studia giurisprudenza, è intelligente, simpatica, direi brillante. Non è una di quelle persone che sta sempre in silenzio, anche conoscendoti poco cerca subito di metterti a tuo agio, e ci riesce senza esagerare. Riesce a parlare di tutto, da " che tempo che fa" ai massimi sistemi dell' universo. Pensa che una volta abbiamo chiacchierato per due ore senza accorgercene! Nell' abbigliamento è curata, ma non esasperata, e non bada a quel che fai, a quanti soldi hai in banca o a cosa fa tuo padre, affatto, è una persona molto alla mano. E' in salute, mangia con piacere mantenedo, comunque, una certa grazia. Legge molto e di tutto, ed e' anche in grado di commentare accuratamente le proprie letture. E' appassionata di cinema, e sa suonare il piano. Da piccola ballava anche, adesso ha smesso, non so bene perché. Ecco, un difetto ce l'ha. Oddio non è proprio un difetto, diciamo che se proprio devo esser pignolo,
se proprio devo andare a vedere il pelo nell' uovo, di contro a tutti i suoi pregi, ai suoi mille aspetti positivi, al suo fantastico carettere, ecco, purtroppo c'ha il cazzo. Purtroppo.

lunedì 23 maggio 2011

45° minuto

45° minuto

“Non uscire da quella porta, non andartene”. La voce era percepibile appena.

Erano fuori dal campo da 45 minuti, lui e suo padre. Sentivano la partita combattersi al di là degli spalti. Ci erano abituati: tra di loro parlavano alle opposte estremità di una spalliera, il padre accucciato a terra e il figlio un po' su, con la testa sotto il cuscino. Ogni mattina era stato così, tranne quella, perché il padre gli aveva detto che il posto allo stadio se lo dovevano guadagnare.

Seduto, con il braccio penzoloni dal finestrino completamente aperto, il ragazzo boccheggiava cogli occhi alzati, per notare ogni sgualcitura del rivestimento sotto il tettuccio dell'auto. Il padre, mani sul volante sin dall'inizio, gli sedeva accanto. Lui però vedeva la polvere sul cruscotto alzarsi a ogni “gol!” che la radio emetteva dalla piastra dell'altoparlante. Erano stanchi tutt'e due, stanchi uno dell'altro.

Ad un tratto il padre si girò a guardare il figlio appeso al cotone grigio che gli sormontava la testa.

“Ehi, andiamo via. Ti va? In fondo, non è poi così bello starsene fuori al sole per un pallone che neanche vediamo, semmai.. lo vedremo, no?”

Il ragazzo girò piano la testa. “Sì, dai, andiamo” disse, e si drizzò sul sedile.

Fecero il giro attorno allo stadio, poi sulla tangenziale che lo incarta e lo stringe in un fiocco, come un pacco regalo.

Raggiunsero presto la campagna. Il ragazzo non fiatava: sporgeva appena la mano e con le dita sfiorava l'erba secca e qualche spiga che si avventurava lungo la strada. Aveva nostalgia di quelle tante e piacevoli cose che facevano insieme una volta. Sentiva nell'erba, comunque, la forza dell'infanzia che proprio non gli era passata; con l'odore di verde tanto forte, la sua voglia di giocare con le spighe era perenne.

“Papà” - iniziò - “tu mi vuoi bene? Bene davvero?”

Lui si girò di colpo, a rischio di sbandare.

“E tu? Io sì, ma tu non mi pare” e tacque. Solo la strada, sempre la strada, si rifletteva sulle lenti dei suoi occhiali e gli luccicava negli occhi. La radio era ancora accesa: ma erano troppo concentrati l'uno sull'altro per accorgersi delle grida che vi provenivano. La polvere, il cotone grigio ingiallito dal tempo, la voce del cronista, la partita non avevano più senso per loro.

Immediatamente si guardarono fissi, e risero. Risero del mondo, che li voleva far fuori.

L.M

sabato 21 maggio 2011

‘Patasabato VII

Ecco, al VII, la mia definizione:

La patafisica è l'idea innata per eccellenza.

Le soluzioni immaginarie sono idee innate; eppure sono le più difficili a comprendersi. Non c'è nulla da sapere: bisogna solo esser capaci di leggere le cose al contrario, rovesciando loro le maniche. La patafisica non si insegna nelle scuole, ma si vive: la vita stessa rischia di diventare la soluzione immaginaria di se stessa. Pensando da carcerati - della propria mente - pur stando fuori a deriderci mentre ci affacciamo dalle sbarre. E' morire al contrario, con gli occhi che si aprono. E' giocare a fare i pazzi quando si è i più savi del mondo. In fondo, come ha avuto occasione di dire Miller, i pazzi sono quelli che hanno accumulato un gran numero di follie ragionevoli, non vi pare? Saremo pure pazzi, noi patafisici, ma ci divertiamo..... . .

L.M

venerdì 20 maggio 2011

Novanta

90

- Che stai facendo?
- In realtà nulla, oggi ho la pausa. Sto cercando uno sfondo per giugno.
- Non hai proprio un cazzo da fare?!
- Eh già...
- Quando ci vediamo?
- Scendo oggi pomeriggio, verso le sei.
- Vabbè, ma visto che non hai impegni perchè non scendi stamattina?
- Ok dài, a che ora ci vediamo?
- No, io non ci sono, ho da fare.

Novanta minuti d' applausi!!!

GP

giovedì 19 maggio 2011

Il primo figlio

Amore è il primo figlio di questo mondo.
Dunque, perché non si ama , o non si vuole, o non si può...amare ?
Se davvero amare è vivere, gli sguardi della gente mormorano solitudine. Le pupille sono sole in un mare che geme, e bisogna essere investigatori che nella loro stanza, alla radio, al buio sui microfoni, riferiscono quello che vedono negli altri.
Ma io amo tuttavia: amo perché vivo.

L.M

mercoledì 18 maggio 2011

I Potenziali Evocati

I Potenziali Evocati


Dopo ventiquattr'ore di tempesta l' unico rifugio rimasto era al settimo piano. Là ne ho vista di gente, ma sopratutto l'ho sentita: un lamento continuo e alternato scandiva il peso dei secondi. La testa faceva troppo male, non potevo focalizzare, ma mi sentivo tranquillo; al muro era appesa una strana scritta di cui non capivo il senso. Ma, mentre una stupida infermiera tentava di farmi svenire scavando con un ago in vena, mi sentivo un eroe, io con tutti gli altri, al settimo piano, in alto, al settimo cielo. Se siam vivi nonostante tutto questo, a dispetto di tanta sofferenza, incapacità, imperfezione, beh, siamo davvero dei supereroi, noi e i nostri fantomatici potenziali evocati.

GP

martedì 17 maggio 2011

Vedo dall'attico


Vedo dall'attico

Vivo in una stanza all'altezza delle rondini.

Anzi, più che una stanza, è lo spazio che circonda una finestra. Da lì vedo, e faccio entrare, ciò che c'è fuori senza che io mi sporga troppo; le auto, le grida, la pioggia, ogni cosa.

Matt, il cane, aspetta nell'unico angolo buio e infangato per sembrare più bestia e non avere quell'aria da innocuo pensionato anzitempo. Non ha mai sofferto, poveretto, perché cerca di non lamentarsi mai: quando lo fa, è perché non ha altro da fare. Quella mattina fu così, ché pioveva forte: da tempo immemorabile si perpetrava quella specie di veglia rituale. Non voleva che io disegnassi quella stramaledetta cosa; invidia canina o altro, gli dava fastidio perché semplicemente mi dimenticavo troppo di lui.

Dalla terra emergeva l'acre odore di pioggia che di solito battezza il mondo ad ogni acquazzone. Anche minimo, a lui dava fastidio. Non si era in chiesa: la chiesa era l'aria.

Spesso, dopo questa benedizione divina, ci si trova coi capelli bianchi. E angeli – se è questo il punto – giovani e pure saggi non lo si diventa mai. Angelo è chi ha aspettato che per anni la pioggia gli cadesse sul viso, sugli occhi, sulle ali. Con le ali inzuppate non si vola, e ognuno di noi ha smesso di volare – per sempre – per poter stare un po' qui, tra i dannati di questa Terra. Ognuno è libero di scegliere.

Denigrato, ha alla fine accettato il compromesso di evaporare senza rumore alcuno, senza aver mai ricevuto amore, avendo solo assistito al pianto più sincero della natura, essendone colpito. E ha capito: ha capito che uomo e natura son due cose diverse, e doveva, o poteva soltanto, morire da uomo. L'amore non lo aspettava più.

A costui, che resta? Un cane, magari.

Si aspetta che il mondo svanisca sotto gli starnuti di qualche dio, semmai passerà di qui, si aspetta che tutto finisca - con la pioggia, in una pozza d'acqua dimenticata ch'é il capro espiatorio delle nuvole – e venga poi il resto.

Amare è difficile almeno quanto aspettare la pioggia per disegnarla.

Il foglio è lì, pronto da un pezzo. Sono io che tutte le volte non sono pronto.

Se la luce la finisse di colpire quel foglio e ricordarmene! Gli occhi restano sempre appollaiati su quei cumuli di vapore, lasciti di poderose navi e vele loro stessi, che si sparpagliano e seminano.

Anche quando non lasciano cadere nulla, riempiono il cielo e mi attraggono.

Matt si stende sul mezzo divano alle mie spalle, e con due movimenti di coda rovina tutto. Fa cadere libri, disegni, matite e mi guarda come un imbecille.

“Già,” - gli dico – “ l'imbecille sono io”.

Apro la finestra e lascio solo entrare la luce, la sera. I lembi viola del retro degli ammassi bianchi si trascinano malaticci al vento, come lune dalla faccia buia - paiono sfiorare le case che lambiscono con mani protese - si riformano per centinaia di migliaia di volte senza perdersi di vista, neanche per poco. Che sfiga, essere omuncoli di carne, e non poter vivere così. Io non ho ancora disegnato la mia maledetta pioggia.

Finalmente, dopo qualche giorno, posso iniziare. Scorre lieve e a puntini che paiono immobili, una pioggerella dei primi di agosto. Alcune gocce risalgono mentre le altre scendono dopo aver urtato il davanzale. Matt si lamenta con guaiti moderati e insistenti.

“Sta' zitto, ora che ci riesco” e punto la matita sul foglio come un'unghia così forte che la mina si incrina. Trattengo la rabbia e la punta che vuol saltare via. Disegno. Vengon fuori delle lineette sottili e nervose. Il sole si è spento allora, e le nubi son tutte viola; un po' di arancione è rimasto sulla cima e s'infiltra verso gli strati più bassi.

La pioggia picchiettava intanto il foglio sul serio. Matt era fradicio, spruzzato da spilli d'acqua dal muso alle zampe, ed ebbe l'infima idea di dare un'ultima secchiata a me e al foglio trasformandosi in una centrifuga vivente. Poi tornò calmo e indifferente. Lui era me, io la bestia.

Lo presi per il collare e lo spostai nell'angolo di sua pertinenza, dove doveva stare.

Fuori è grigio, quasi buio. Ma continua a piovere. Si sentono le gocce che s'infrangono sulle lamiere come le onde marine sui loro scogli, di notte, proprio quando nessuno o pochissimi riescono a sentirle.

Lasciai la finestra aperta; io mi sedetti di fronte, abbastanza lontano per non prendere la pioggia addosso. L'indomani, vidi che il foglio era distrutto. Della pioggia che l'aveva reso così non c'era più traccia, il cielo era limpido. Le nuvole avevano fatto la stessa fine.

Matt me lo aveva sempre detto, che non ero un angelo.

L.M

lunedì 16 maggio 2011

Basilicata coast to coast

Basilicata coast to coast

" Peppe, io ti voglio bene come se tu fossi normale ".
Questo mi ha detto ieri un amico di ritorno da un matrimonio di 14 ore.
E può sembra una battuta, o una frase cinica, negativa, o peggio, cattiva; ed, invece, mi ha fatto sentire bene, mi ha detto che per gli amici, quelli veri, qualsiasi cosa tu sia, qualsiasi cosa tu faccia, loro ti accetteranno sempre, ti vorranno sempre bene anche a costo di deformare, per questo, la realtà delle cose.
Tu rimani sempre te stesso, sono loro a metamorfizzarti, senza alcun dolore.

GP

sabato 14 maggio 2011

‘Patasabato VI

Pa Ogni cosa inutile è un'idea innata.
ta Provate a pensare a come poter trasformare un oggetto inutile, monco,
sa mai veramente nato, in qualcosa che *abbia senso*. Impossibile, vero?
ba Quando avevamo un'auletta all'università, si era indecisi se trasformare
to un oggetto qualunque, un mezzo resto di scrivania sventrato e separato
VI prematuramente dalla madre (la scrivania), in qualcosa di meglio. Dopo aver preparato una lista con quaranta possibili funzioni (incluso un frigorifero da raffreddare chissà come) abbandonammo l'idea. Era talmente inutile da esser utile così com'era.

L.M

venerdì 13 maggio 2011

Il senso della vita

Il senso della vita

"Oh, è partito. Bene donne, bene donne, auguri, auguri, auguri, auguri, ma auguri di cosa, veramente, auguri di cosa, ma riflettiamo: siete delle merde, ma delle merde senza offesa. Perché siete state create e concepite in questa maniera. Ma vi rendete conto che siete delle merde, ma delle merde? Perché, ma, guardate, abbiamo avuto quasi 300 o 350 Papi, non so esattamente, comunque la cifra si aggira intorno a quella, a quella lì, ma nessun Papa ha detto la Verità, ha detto soltanto che noi uomini siamo stati concepiti a sua immagine e somiglianza come l’immagine di Dio, cioè, che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, però nessuno ha detto che l’uomo scorreggia, e cioè, se l’uomo scorreggia allora vuole dire che anche l’uomo... che anche... chiedo scusa, anche Dio scorreggia. Voi poi sapete benissimo che, vabbè, che, poi, Dio ha tolto una costola dall’uomo e siete state create voi donne che siete la rovina, il male nocivo di noi uomini, e siete... e insomma, Dio ha creato la donna e anche voi fate le vostre puzze. Cioè, mi spiego meglio: l’uomo incontra i piaceri della donna attraverso il sesso, e cioè, prendiamo ad esempio gli attori porno, Rocco Siffredi.
Vi chiava, chiava le loro colleghe attrici attraverso... attraverso... inculando e... inculando, o leccando il buco del culo dove escono le scorregge e le merde, cioè, è una cosa veramente indegna, schifosa, che a me mi prende il voltastomaco. Oppure, per esempio, leccando la fica dove esce il sangue, la mestruazione, oppure, per esempio, quando vi sbatte l’uccello nella fica, per esempio, si riempie d’aria e da lì poi esce la scorreggia della fica, tra virgolette, che può pure puzzare, mamma mia! Oppure, per esempio, quando fate il bocchino, dove, per esempio, potreste avere qualche dente cariato, oppure, per esempio, avere i denti pieni di tarlo e, che so io, oppure dove esce, per esempio, la saliva, lo sputo, per esempio. Insomma, sono cose, sono cose di fatto, ecco.E questa è la Verità, questa è la Verità.Voi vi mettete i profumi, andate dal parrucchiere e vi sistemate i capelli, non volete i capelli a doppio... le punte a doppi... i capelli a doppia punta, ma vi rendete conto? Poi, vabbè, cercate gli uomini... degli impiegati di banca, impiegati assicurativi, che so io, e poi, vabbè, non volete mettervi coi morti di fame, tipo... perché no, perché, chiedo scusa, perché non vi mette con i barboni, ad esempio, non sono uomini con l’uccello? Magari ci sono barboni ben dotati, perché no, eh? Perché non vi sposa... non andate in chiesa con i barboni? Non ho mai visto una sposa a sposarsi con una barbone, ad esempio, chissà perché. Oppure, per esempio, sposarsi con un obeso di 200 chili, io non l’ho mai visto, eh? Fate schifo, fate schifo! Io, guarda, guardate, io sono pugliese, ho deciso di rimanere single perché considero le donne una merda, una merda. E non mi vergogno di dirlo, anzi, denunciatemi: 3398481800. E sono consapevole di quello che dico, e non ho problemi psichiatrici, ok? Faccio questo video consapevole di quello che dico, ok? Mi sono rotto il cazzo di voi donne, che voi fate tanto le spregiudicate, ma chi cazzo vi credete di essere? Chi cazzo vi credete di essere? Sono più puliti gli uomini che voi donne. Siete delle schifose, siete, ma andate a fanculo, andate, vaffanculo!" Giuseppe Simone

Io mi inchino davanti a quest'uomo.
E' il nuovo Messia giunto per donarci la Verità, illuminare la nostra strada, tortuosa ed oscura.
Io mi inchino a te, nuovo Messia, e al tuo manifesto di poetica.

GP