venerdì 8 luglio 2011

Venerdì con Zio Tibia

Venerdì con Zio Tibia


Era sera, ma non tardi, ed io e Francesco abbiamo cominciato a parlare di fantasmi.
Io ho raccontato la trama di un film che lui non aveva visto, e poi ho parlato di due o tre espisodi di familiare memoria.
Niente di particolarmente spaventoso, solo che ci siamo accorti dell' estate.
Per me l' estate è indissolubilmente legata alla paura, ai fantasmi; sono il caldo, le notti all' aperto, il grande cielo nero, ad esser i miei sinonimi del terrore.
Tutto questo perché, probabilmente, mi è sempre capitato in questa stagione di ascoltare certe storie di paura, di vedere certi film, di guardare, impaurito, il tetto sopra la mia testa.
Mia nonna mi raccontava un sacco di storie prima di dormire e i miei cugini, seduti nel giardino di casa, a notte alta, si divertivano a mettermi paura; ci riuscivano quasi sempre.
C'è dell' altro: era d'estate, solo allora, che esploravo una pineta vicino casa di mio zio.
C' erano dei bunker della seconda guerra mondiale là dentro e si scendeva giù, in basso, dove si vedeva davvero poco, dove l'immaginazione prendeva il sopravvento.
In un paio d'occasioni la curiosità, mista a coglionaggine, mi spinse ad avventurarmi in un piccolissimo tunnel, dalle pareti d' argilla, che si sbriciolavano al sol contatto; sognavo fossero di pan di zucchero. +
Si diceva portasse fino al mare.
In fondo non ci sono mai arrivato, e non me lo perdonerò mai: erano le stagioni dell' avventura, solo allora avrei potuto realizzare un' impresa.
Oggi al sol pensiero mi viene il vomito.
E quando leggevo Stephen King?
Sempre e solo d' estate; senza la scuola avevo più tempo.
Francesco mi ha detto che in Giappone, lì dove ha vissuto tre anni, ad Agosto si festeggia il giorno dei morti, e i ragazzi del posto allestiscono un curioso gioco : il gioco delle 100 candele. Si riuniscono in un luogo aperto, tipo in un giardino, e piantano nel terreno 100 candele.
Poi le accendeno e ognuno di loro narra una storia di fantasmi.
Alla fine di ogni racconto si spegne una candela e così, man mano che si va avanti, si fa sempre più buio, più tardi, e nella mente dei ragazzi si affollano immagini, parole, volti, di tutte quelle storie del terrore.
Una gran paraculata!
Per Francesco, pero', la stagione della paura è l' inverno.
Fa freddo, piove, le giornate sono più corte, il buio divora la luce, e a Novembre c'è la nostra festa dei morti.
Anche lui ha avuto in eredità familiare una serie di episodi sinistri, ma di ciò che ha raccontato mi ha particolarmente impressionato la seguente rivelazione: un suo amico sudafricano, un coinquilino in Giappone, è capace di vedere i morti, o almeno così diceva.
E lo diceva tranquillamente, come se fosse una banale normalità.
Ne vedeva molti nei tram e anche a casa loro, una vecchia casa dei primi del novecento, ne vedeva spesso uno: un vecchietto, un innocuo passeggiatore.
Ma lui ci parlava coi morti?
Ogni tanto sì, gli rispondevano, anche se non ci capiva niente; la voce risultava disturbata, e lontanissima.
Che stupidata vero?
Eppure al ritorno a casa, da solo, alle due del mattino, un po' c' ho pensato e mi è parso di vedere intorno a me, fermi davanti ai bar, aggrappati alle panchine di una villa, in fila per un noto locale, un sacco di morti; morti che non sapevano nemmeno di essere stati un tempo vivi.
E io con loro.

GP

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