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La terra è un secondo mare

La terra è per me un secondo mare.
Un mare immobile che prega e scuote Dio con un buffetto: le grida dei bambini che giù nel cortile la calpestano.
I monti e le valli sono mari in tempesta catturati in tempo antico per intimorire le genti, ricordando loro che si può morire anche su mari di terra.
Non è detto che ciò che lì si perde si possa anche trovare disperso in un campo, nell'erba. Ciò che infatti più si cerca degli uomini, un vero segno vivente, non è stato ancora trovato fra i cocci insabbiati in questo mare.


L.M


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Qualcosa è cambiato

Pochi hanno il coraggio di andare di fronte al mare a confessare i loro peccati, anche solo con gli occhi. Mare, fermati! Dicono, e il mare non si ferma. E credetemi siamo in tanti; abbiamo vergogna perfino a vederci fare tutti la stessa cosa.
Io l'ho fatto, ammetto, parecchie volte: avrei voluto fare una giravolta e, ammetto, vedere ad ogni giro una vita diversa. Ma la vita è sempre quella: vedere la targa della macchina che ti precede per buona parte della giornata, finché non ti accorgi che qualcosa è cambiato; la pianta rampicante si è impossessata di un nuovo pezzo di muro. Quando copriva un poco il numero del posto auto, il cartello del passo carrabile messo lì sotto e divelto dalle pallonate, il tampone saldamente avvinghiato al palo per evitare brutte sorpese, ora copre tutte queste cose per intero.
Una cosa stupida, ma vale. Vista dal parabrezza, schermo privilegiato e ridotto da cui percepire l'esterno ad ogni ritorno a casa, la cosa diventa rilevante come mille altre cose.
Ma tornando a noi, il mare non risponde a nessuno, è lui che domanda (intimamente). Una delle ultime volte in cui mi trovai in questa situazione singolare fu al tempo in cui mio fratello era alle prese con una brutta bestia, l'adolescenza. Lo è ancora, del resto, in tutti noi: nell'andolescenza si entra col primo bacio (anche negato) e non si esce che col primo figlio. Altre volte, sì, col primo nipote.

L.M

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Come può un fiore
 

Sono anni che penso che tutto faccia schifo, che il mondo sia un miscuglio d' ingiustizie, rancore, odio e violenza.
Sono tanti anni che Dio non fa altro che punire indistintamente, vedere dall' alto e continuare a punire; a creare uomini che non possono nascere senza morire, costretti ad un' esistenza a termine, all' ingiustizia di veder sparire le persone più care, così, come se non fossero niente, mai esistite. E illudersi non vale, è diventato impossibile.
Un giorno ho conosciuto una bimba, piccola piccola, che non smette mai di crescere. Ride, ha occhi grandi, e anche quando fa i capricci, quando grida per nulla, quando ha dolore ai denti, è felice come mai io ricordi d' esser stato.
Un miracolo.
Una terza vita che nasce dall' imperfetta unione di altre due, una nuova vita, una carta bianca, una spugna intrisa di serenità, fiducia e ottimismo. Non mi spiego come sia possibile, non ci credo, dev' esserci un trucco.

È vero, tutto fa schifo, si soffre, si muore, si dimentica e si sparisce; ma ci sono i bambini e sono un grande piccolo sogno, di quelli a cui vorresti credere per sempre, qualcosa che non avevi previsto e che, per questo, ti appare meraviglioso, fantasmagorico. E quando sei con loro, a giocare, a vederli mangiare, a fare lo scemo, non pensi a niente, non cerchi di ricordare, non soffri più: la vita si colora del delicato profumo d' un piccolo fiore di campo.
Chissà come può.


G.P

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La scala mobile

Dio è la mente. Ma la mente non è, evidentemente, Dio.
Nemmeno il sogno è un miracolo per la stessa; e poi perché dovrebbe esserlo, visto che è un’attività piuttosto ordinaria e chiarificatrice del pensiero. Il sogno rimescola le tracce meno evidenti del nostro vissuto visivo e sensoriale a quelle che lo sono di più e più importanti.
I simboli non sono quindi che ricordi o impressioni istantanee, prossimi alla nostra veglia, di stati dei vari livelli in cui versa la mente. La musica potrebbe essere un simbolo.
La musica è così importante perché coinvolge e tocca quasi tutti i livelli della mente. Il ritmo è primordiale, la disposizione della melodia è cosciente, la melodia e i toni sono incoscienti. I suoni sono un linguaggio primordiale che poi viene comunque ‘educato’ da quello esclusivamente verbale. Comunque ogni traccia elettrica ha un ‘suono’ e una durata: un po’ così facciamo, ripetendo poesie a scuola, più volte e ricalchiamo una traccia debole aumentandone la carica elettrica come si fa con la plastica che si strofina su un panno di lana. A livello sinaptico, le tracce indelebili sono quelle ricalcate ogni giorno.
L’azione del mangiare, della colazione, dell’alzarsi ad esempio.
A seconda della loro utilità e precedenza, carichiamo e memorizziamo tracce a differente potenziale che il cervello classifica in più e meno importanti.
Il miracolo, in nuce, c’è, è vero: l’informazione viene portata in scala mobile su e giù per un grande edificio. Tutto perché il piano è primigenio, già formato, e la mente ha coscienza di discriminare ciò che le è esterno da ciò che le è interno. Questa semplice distinzione le fece capire che lei era in mezzo. Non era cioè, semplicemente, un ricordo.

L.M

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Vostok I

Gagarin fece il suo volo. Era il primo, in assoluto.
Quando vide dal Vzor della Vostok il suo cielo, gli sembrò preparato apposta per lui, un campo seminato come i campi che aveva visto da piccolo – quelle cose sì, durano tutta una vita – ma non chi seminava. Chi aveva seminato c'era già stato, ma non era lì: il campo, ora che era pieno, era abbandonato.
Lo colpì il buio abissale che pareva tirare le ombre fin fuori alla nave, ad ogni rotazione dell'abitacolo. Era una luna in miniatura che compiva la sua nascita e morte in cento minuti circa. Fu un'escursione tra luce e ombra, quel primo passo dell'uomo oltre la sua stessa mente. I suoi occhi avevano come unico riferimento quelli puntati degli spettatori che invano scrutavano il cielo per poter vedere chi c'era lassù, e lo strumentino cardanico, quella piccola finestrina che dava su una terra dipinta che oscillava paurosamente e, ansiosa, tremava sotto l'abitacolo-pedina. Sopra c'era il vuoto che occupava più lo sguardo che i pensieri raccolti al lancio, con gli occhi bassi; avrà pensato mille cose Gagarin, vedendo il cielo uniforme e la sua casa sterminata e ancora troppo vicina. Questo volo gli sarà piaciuto più dei precedenti per la diversità del cielo che osservava: fu il cielo il vero protagonista, incomunicabilmente nero e vivo. Come per tutti i Russi, fu per gli altri uno spettacolo ridotto a poche, intense parole.

L.M

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Il possibile è impossibile


Oggi speravo di poter parlare di qualcosa che potesse interessare tutti, qualcosa che fosse vicino al comune concetto di "politica", ma poi ho ritenuto che parlare o fare oggi "politica" sia davvero cosa impossibile, e così ho alzato gli occhi e ho letto un passo di Pavese.
Sulla mensola sopra la mia scrivania c'è, da quasi quattro anni, un foglio che reca con sé il seguente monito:

"- Essere qualcuno è un'altra cosa,- dissi piano, - Non te l'immagini nemmeno. Ci vuole fortuna, coraggio, volontà. Sopratutto coraggio. Il coraggio di starsene soli come se altri con ci fossero e pensare soltanto alla cosa che fai. Non spaventarsi se la gente se ne infischia. Bisogna aspettare degli anni, bisogna morire. Poi, dopo morto, se hai fortuna, diventi qualcuno.
- Sei sempre lo stesso,- bisbigliò Cate. - Per non farle ti rendi le cose impossibili".

E' la mia vita in sei righe: scelta di un obiettivo ambizioso, tensione a raggiungere quell' obiettivo, badare solo e soltanto ad esso, abbandonarlo, giustificare tale abbandono.
L'ho fatto con le ragazze, con la scrittura, col lavoro, con me stesso, con ogni cosa, vera o finta che fosse.
L'ho fatto anche con questo post.

G.P


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Riprendendo il contenuto di una chiacchierata con Peppe, riporto alcune righe che ho scritto qualche giorno fa... su un 'banale' interrogativo: quando inizia una "nuova vita"?

La religione non c'entra.
Il suicidio per la vecchia è già stato preparato, le scarpe lucidate, tutto l'armadio e il resto in ordine: la casualità non esiste. Esiste l'atto, infinitamente l'atto nella sua perfidia cronica e basta.
La lucidità della mente in quel secondo è eclatante, ha del sovrumano.
Poi, l'uomo può ricordare quanto vuole. Le persone che passeggiano fuori non c'entrano e non possono aver a che fare con la barriera degli occhi che guarda e non si fa guardare. Gli altri hanno voluto che ognuno venga dimenticato perché volessi "tu" (un tu generico) fare il gesto più sporco. Ma l'uomo può ricordare che viveva, che è esistito, per questo sogna ed è vivo; quello che è stato, se c'è stato, non fa più alcun male. Ma c'è una differenza.
Le bestie ricordano che c'è stato un viso con quel nome (anzi, con quell'ordine di suoni) e basta. Gli uomini tacciono, perché ricordano con le parole. E quelle hanno abituato la mente a parlare mediante una lingua a se stessa, non mediante suoni.

L.M

(p.s. nessuno di noi due si è ucciso, tranquilli...)

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(over-)60s

I profeti non insegnano a vivere; insegnano a morire nel peggiore dei modi possibili (cioè dimenticati) come loro sono morti e rinati senza imparare alcunché dalla vita. Di profeti che insegnano a vivere, di over-60 insomma, ce ne sono troppi e vogliono a tutti i costi che il mondo vada alla maniera di quando erano assai giovani per capire quale direzione il mondo (già, lo stesso di tutte le generazioni) stesse prendendo. Per questi profeti, il clima è cambiato - ma è davvero un mondo "alieno" il nostro, o piuttosto il loro? - e comunque state tranquilli, non siamo alieni per quanto riguarda il nostro mondo, è solo la vecchiaia che gioca brutti, bruttissimi scherzi.

L.M
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Senza colpa

Ti sei mai chiesto, mentre stai a letto con l’orecchio piegato sul cuscino che sente il tuo cuore battere e per questo non riesci a dormire:
C’è una cosa nell’universo?
C’è una mente diversa?
C’è l’io con i suoi no, ancora? Esiste ancora un io, o piuttosto è un generico tu?
L’amore è chiuso in una scatola; si fa quando si vuole, perché la mente ha bisogno di colmare le lacune di questa mente collettiva che tutti hanno ma nessuno ama come parte di sé. A pensarci bene neanche noi amiamo così tanto la nostra.
E facciamo tutto senza colpa.

L.M


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Il tempo è morto

Di una pendola senti il ticchettìo, il tragico suono bicromo che ti riporta allo scorrere del tempo, al presente che si dibatte eternamente tra il passato ed il futuro ad ogni oscillazione.
La meridiana è però morta...non si sente nulla, ma proprio nulla, del suo misurare il tempo. Il tempo passa maledettamente sempre vicino ad una meridiana. Ecco perché, ad avvisare gli osservatori, ci pensano certi motti mortiferi (tutti uguali) che ben poco hanno da spartire con il tempo in sé, eccetto la sua fine.
Sulle meridiane il tempo è già finito.

L.M



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Sono


Ho sempre pensato che dietro la Maschera, o le Maschere, che ognuno di noi indossa ogni giorno, ci fosse una Persona, e che questa Persona fosse, comunque, rintracciabile, definibile, con tutte le difficoltà del caso.
Pensavo, per esempio, di rintracciare il mio vero essere almeno durante il sonno, o durante un'altra delle più gradite, e frequenti, azioni umane: seduto al cesso.
"Almeno lì", mi dicevo, "sono vero, sono Io".
Adesso non la penso così.
Anche lì fingo, anche in quelle occasioni non sono Io.
Indossa una Maschera, nello specifico, quella del Dormiente e quella del Cagatore.
Dunque, non sono Persona, mai.
Sono sempre Maschera?
Anche qui ho dei dubbi.
Una Maschera (alias, Personaggio) per poter esistere non ha bisogno di un Volto ( alias, Persona ), ma per vivere sì, per vivere, muoversi, ha bisogno di un Volto.
Ma io quel Volto non ce l'ho, e dunque, dove poggia la Maschera?
Su un Volto-Fantasma?
Il Fantasma prima di morire, prima di essere Fantasma, era Volto di una Persona, io, quel Volto di Persona non lo sono mai stato.
Dunque, nemmeno Volto-Fantasma.
Indi per cui, la Maschera poggerà sul Vuoto.
E bravo il coglione!
Sul Vuoto non poggia nulla, la maschera cadrebbe a terra spaccandosi.
Conclusione che non conclude?
Non sono nè Persona nè Personaggio, non ho Volto, non ho Maschera, sono il Nulla che si finge qualcosa.
Ma almeno, sono.

G.P

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Non è un po' poco?

Due mediocrità fumanti che s'interrogano (fumando) sul breve senso delle cose (che fumano). Vivere la vita non è urgente come dover andare a comprare un pacchetto di sigarette dopo essersi tragicamente accorti che è finito.
Solo allora i tabaccai, le macchinette, la serata, la vita sono cose che hanno senso. Non è un po' poco?

L.M

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Le cose che (non) esistono

Non sono Hume, ma cerco comunque di esprimere ciò che ho pensato tra ieri e stamane.
Vi siete mai chiesti se qualcosa al mondo può esistere?
Saremmo portati a dire che tutto esiste al di fuori di noi, ma... l'etica delle cose è ordinariamente perversa.
In realtà le cose non esistono. La necessità della loro esistenza è nel loro inizio, nella mente.
Se le cose non si toccano, si deteriorano lo stesso, sono proiezioni immaginarie di sogni che la mente ha compiuto in piccolo: un telefono, una chiave, un computer.
Noi che le foggiamo nella nostra interiorità, le abbiamo rese oggetti perché ci si accorga meglio e di più, di loro. Per poi vedere che...le cose sono l'ologramma mentale più perverso. Per gli extraterrestri, non avendo la nostra stessa mente, sarebbero nulla perché nulla potrebbero le nostre cose fare per loro.
E al di fuori della finzione che appartiene alla nostra mente, le cose.
Le cose sono fatte per esser finte.

L.M



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TU LEGGI?

Oggi vi propongo due rive differenti del medesimo problema: la lettura.
Non la lettura come problema fondante, come si debba leggere, cosa ci si debba aspettare e via, solo poche riflessioni su..

"Cos'è la lettura oggi?"...

L'umanità si appropria di parole che crede fisse; le stelle sono fisse così come i libri sulla scaffalatura; e ciò che c'è di più bello al mondo si conserva. Questa cosa le mancava veramente, ne aveva bisogno così fondante? Per molti la lettura è una moda, per altri è un modo per occupare il tempo facendo qualcosa di diverso e stranamente antico, per altri ancora è legge. Il Nobel sancisce questa indebita appartenenza (indebita per gli altri) come un diritto.
Il parere dei lettori, implicito, è questo: devo leggere perché è stato pubblicato. Bisogna chiedere alle cose, alle disperate cose, d'alleviare la nostra solitudine...

In questo modo l'altra riva, gli scrittori, anime abbandonate, sono almeno un pò consolati.

L.M

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