mercoledì 25 maggio 2011

Lettera a quattro mani

Lettera a quattro mani


Ognuno di noi lascerà su questo foglio le proprie verità. Inizio io.

Lei gli strappa dalle dita la penna.

Aspetto, come mille volte in questi anni, che tu le scriva - e ripassa la penna a lui.

Vuoi che ti dica, Marilé, come stanno le cose?

Dimmelo. - ha scritto lei.

Chi aspetta cosa? - mette lui.

Aspetto l’amore. - dopo un punto ben marcato, depone la penna e lo guarda. Lui la tira verso di sé con delicatezza, e la solleva.

L’amore è la più riuscita buffonata in cui caschiamo interi. Chi ci casca

è per non dimenticarsi di dover vivere.

La penna la prende lei. Non fare troppo il filosofo, dice, e scrive un rigo più sotto:

Eppure vive, vive e muore.

Prendo la penna e lascio lì, di getto:

Poi ci siamo noi, eterni ingenui. Abbiamo o non avremo amato mai, respiriamo e ricordiamo cose. Passate o poco presenti, e amiamo quelle cose.

Continua - disse, preferendo lasciarmi scrivere. Non mi feci pregare una seconda volta.

Si sfiorano parti remote, sempre calde al punto giusto, delle cose amate e si amano ancora: un giorno ultimo pare doversi sempre rifissare.

A quel punto si riprese la penna. Scrisse:

E perciò siamo informali,

informali come l’acqua. Siamo fatti

per leggere e morire, leggere e morire,

eternamente.


L.M


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