lunedì 2 maggio 2011

La Marina è la Marina


La Marina è la Marina

Stiamo in coperta urlando al mare grosso che viene da poppa e sorpassa le murate con fare gelido, senza colpi di clacson. Ci prende a bastonate quando vuole: allora il mare formato ci insegue.
Per il resto ci lascia fare. Siamo già costretti a diventare uomini ubbidendo: il mare non ci ha negato qualcosa. Le lance sono le nostre lettere che ci curiamo di non spedire - se arriveranno mai, arriveranno con noi.
E l’estate la coperta diventa silenziosa come le notti in un sommergibile. Tante sfumature dell’acqua che gioca coi tuoi occhi nei pochi istanti in cui pensi - aggrappato al passamano che sfila lungo i ponti superiori - e non ti chiedi nulla. Osservi come tantissimi altri hanno osservato sulla stessa rotta, sulla stessa nave, figli della stessa bagnarola.
Non si è uomini, altrimenti.
Gli affetti lasciati a terra sono cosa morta? Il comandante non è tuo amico. Finge di essere un padre e ci riesce malamente distaccato. Gli altri sono al tuo stesso posto: più o meno fingono che sia tutta una famiglia, e che la Marina piaccia così com’é.
E’ una famiglia severa che ride solo in fotografia. Che possono capire gli altri, gli estranei che vengono a visitare le navi la domenica o i festivi, del loro universo? A loro non deve andare lo spirito del mare. E’ nostro, ovvero loro.
Le visite le organizzano in sempre più pochi, con sempre più poche cose da vedere per tenerli contenti. Ma i fraticelli sognano e continueranno a sognare e a vedere più cose nella loro cella che sul ponte. E la splendida sagoma esterna resta intatta e non profanata dai miscredenti, consegnata così com’era il giorno prima alla Marina.
Ma di solito tendono soltanto a riverniciare di rosso parti arrugginite: lo scafo è fatto di grumi gocciolanti su grumi che la luce sfiora e inabissa rapidamente al tramonto, e chi sale è per vedere il pezzo che non si può non far vedere. Gli altri non interessano, il mare dal suo punto di vista più intimo e tecnico non interessa, l’aria che sa di metallo mista al salmastro del mare che sale dai boccaporti aperti non interessa. I profani di questa roba non devono respirare nulla. Quelli di terra, è destino, devono salire e scendere.
Quelli di mare invece ci devono sempre stare. Non siamo in guerra però, il mondo non è più quello di trent’anni fa: navigare è divertente in fondo, se a loro non importa navigare, non importa il mare, non importa la Marina, importano i soldi che la terra si tien cara.

L.M

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