Samaritani
Ieri ne viene uno. Anche lui stracolmo di vita mandata per tutti i pori in perenne replica, ti vuole aiutare a vedere il tuo domani dal suo ieri, che resterà immutabile.
Non è da pazzi chiedersi perché in quei momenti ognuno di noi non esista da qualche altra parte con cui scambiarsi. Mentre prendono la pensione, ti raccontano di oceani in tempesta e tempeste affrontate a sette anni, mattoni delle Piramidi trasportati per chilometri su strade deserte, strade che si allungavano a ogni passo, ripercorse a ogni ricordo, di trenta chilometri. Abbiamo idee troppo ingombranti nella testa perché ci facciano strada. O sono loro ad essere ingombranti, solo per precedenza o, dico io, giusnaturalismo senile.
Quando tornano al loro posto privato ed esclusivo di nonni, tutto cambia. Diventano buoni, e sanno davvero parlare della vita: dipingono per diletto da quando si erano sposati e non hanno mai detto nulla di questo o quel dettaglio, regalano piccole cose ai nipoti che i padri rifiutano rigidi (oggi, il mondo è tutt'altro, scordatevelo) regalini che possono solo far piacere, perché crescano rigidi, sani in un mondo che sano non è. Cosa sanno loro? Cosa sanno come il mondo cambierà faccia tra cinque, dieci, trent'anni? I nonni ci hanno fatto l'abitudine.
Hanno imparato col tempo, e lo impareremo anche noi, a giocare con l'arte della vita, né prendendola di petto - perché poi ha le sue regole - né, d'accordo con tutto, a giocarsela. Ma la vita è vita per questo, non si vive, si fa e basta. I nonni, dal canto loro, la fanno veramente ora.
E così l'arte è davvero libera, come le parole dei saggi, o dei bambini.
L.M
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