sabato 30 aprile 2011

‘Patasabato V

...poiché il venerdì è senza patafisica...

Questo è il mio 'patabaco..
Qualsiasi sfera è una bi-concavità vuota sottratta allo spazio.

Ossia, la Terra, un cilindro, ma anche un bicchiere è sempre mezzo vuoto.

L.M

venerdì 29 aprile 2011

A.A.A. Cercasi personalità

A.A.A. CERCASI PERSONALITA'


Da quando ero piccolo.
Ho frequentato l'elementari in un istituto privato cattolico gestito da suore; stringevo Bibbia e rosario in compagnia di una mal celata voglia di esser prete. Alla don Tonino, s' intende, ma pur sempre prete!
A dieci anni lessi Sherlock Holmes e iniziai a vestirmi con l' impermeabile giallo, a parlare per sofismi ed intuizioni impossibili; solo l' imberbe eta' m'impedì di fumare pipa e oppio.
Un paio d'anni più tardi vidi Twin Peaks, e allora abbandonai le vesti dell' investigatore ottocentesco per adottare gioiosamente quelle dell'agente speciale anni '90: ombroso, geniale, bello ma discreto. Affermavo con certezza la volontà di diventar poliziotto e mi lamentavo che in Italia non ci fosse l' FBI.
In piena adolescenza, cercai di abbandonare i modelli prettamente televisivi per diventare un mezzo playboy (con scarsi risultati eh) proprio come un mio cugino più grande, quello con cui trascorrevo tutte le estati.
Giunto alla maturità, accecato dalla noia, ricomincia a leggere assiduamente, e m'imbattei nei personaggi novecenteschi, quelli senza futuro, pieni di ambizioni inutili e irrealizzabili, inetti per causa propria, o altrui. Eccomi, diventai uno di loro; mi sentivo davvero come loro, e ancora lo sento.
Certo, Dott.House e il commissario Coliandro fanno a gara per dirmi che, invece, sono più simile a loro due: un bell' uomo, burbero ma buono, brillante, un po' sbruffone, affascinante nonostante l'evidente zoppia, il bastone, e un bel paio di Aviator anni '80!

G.P.

giovedì 28 aprile 2011

Via per Lecce

via per Lecce

Viaggiando su questo tratto si possono fare mirabili scoperte.

Si fanno e nascondono presto nidi nei tralicci, con alberi in fila come fratelli che marciano lungo la strada. Il più temerario è davanti, a prendersi il vento in faccia per amore degli altri anche quando il vento non c'è. Il guard-rail è per loro un inutile autostop, ché nessuno si ferma: è vietato. Chi passa non prova a capirci neppure qualcosa: il sole è fermo, i campi sono così rigati da ieri e da sempre, i fiori amano chi non li guarda, come le cornacchie i cieli sfortunati. Nessuna di queste cose fa male ai passanti, è la regola della libertà dei vinti. Non si è vinta una guerra, però: le vere guerre non si vincono se non piano, all'ombra dei filari di cipressi. Si scopre poi che le orchidee parassite hanno già vinto, e con esse le begonie, i gerani, i salici. Hanno conquistato le uniche trincee che paiono abbandonate, le case disperse oltre la sopraelevata. E non si vedono uomini, ma qua e là pura vita, silenziosa nel suo nascere e nel suo morire.

L.M

mercoledì 27 aprile 2011

?

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"Da tempo cercava di allontanare da sé la letteratura, quasi vergognandosi della vanità d'aver voluto essere, in gioventù, scrittore. Era stato svelto a capire l'errore che c'è sotto: la pretesa d'una sopravvivenza individuale, senz'aver fatto nient'altro per meritarla che mettere in salvo un'immagine - vera o falsa - di sé". Italo Calvino, La giornata d'uno scrutatore.

Si può vivere sulla base di un errore?
Partire da una premessa sbagliata e continuare, nonostante l'evidenza, a perseguirla fino a rimanerne schiacciati, fino a morirne?
Si può, facendo questo, non sentire fastidio, sofferenza, o paura?
Si può vivere per morire, e basta?


G.P

martedì 26 aprile 2011

Il vero re


Il vero re

Chi bacia è il vero re dell'universo, ché regala all'altro sempre qualcosa che non gli appartiene. Lo fa stare peggio.
E' il vero re perché pochi sono disposti a esserlo. Ogni bacio è dato in maniera diversa, e in un luogo dove contano solo l'uomo e la donna non è una parola mancata: non desidera né vuole riassumere tutte le altre (che si diranno e che non si diranno mai), solo indicarle. Ma è anche troppo per fantasticare...

L.M

lunedì 25 aprile 2011

Il dato naturale

Il dato naturale


Dietro casa c'è un melo. Non è una zona destinata alla coltivazione o roba del genere, semplicemente ci sono dei pezzi di terreno sparso diviso da una strada asfaltata. Ho visto una vecchia col cane prendere delle mele e mangiarle. Mentre mangiava ha alzato lo sguardo e ha incrociato il mio, al balcone. Ha fatto due passi verso destra ed è sparita dietro l' albero continuando a mangiare. Si è vergognata e si è nascosta. Io non ho provato pena o compassione o vergogna; ho avuto solo paura, terrore di diventare come lei. Un vecchio che mangia per strada vergogandosi di se stesso, di quello che è stato e poi è diventato. Fallito.

G.P

sabato 23 aprile 2011

‘Patasabato IV

'patafisica a 8 bit
Patasabato IV: Il vero colore del vuoto è l'io.
Difatti non è il bianco, il bianco non è vuoto. E' un vuoto che tende alla sua negazione e vuol essere riempito.
Non è il nero. Il nero è già riempito, quindi il nero è pieno.
Non è trasparente. L'aria è piena della propria realizzazione: è aria che sembra vuota.
Quindi, qual'è? La sottrazione di tutti i colori da sola non basterebbe.
Il colore del vuoto è "IO" e nessun'altra cosa gli somiglia di più.

L.M

venerdì 22 aprile 2011

La terra è un secondo mare

La terra è per me un secondo mare.
Un mare immobile che prega e scuote Dio con un buffetto: le grida dei bambini che giù nel cortile la calpestano.
I monti e le valli sono mari in tempesta catturati in tempo antico per intimorire le genti, ricordando loro che si può morire anche su mari di terra.
Non è detto che ciò che lì si perde si possa anche trovare disperso in un campo, nell'erba. Ciò che infatti più si cerca degli uomini, un vero segno vivente, non è stato ancora trovato fra i cocci insabbiati in questo mare.

L.M

mercoledì 20 aprile 2011

I still remember 1


I still remember 1


Tra il 1986 e il 1993 dietro casa mia, in uno spiazzo ricoperto di brecciolina, si giocava a pallavolo.
Ogni estate, per tre giorni.
Si montava la rete (vi erano anche i buchi per il paletti nel terreno) e si giocava per tre sere a squadre miste e variabili.
Mi ricordo ancora mio padre quasi quarantenne battere, fare muro, tentare schiacciate impossibili, e ridere, ridere.
Vi erano persone che c'erano sempre, che facevano parte del popolo condominiale e che adesso son via, andati verso nord.
Ma non c'era solo la pallavolo.
Si ceneva fuori, giù, tutti quanti. Mia madre faceva focacce, pasta, dolci e li univa ai piatti delle altre mogli. Mio zio faceva le grattachecche nel garage. Era davvero una festa, il momento culminante di ogni estate, per sette anni.
Poi una sera quello del secondo piano, mentre mangiavamo seduti e sbracati, si rivolse a mio padre dicendo:
- Stanno costruendo troppi palazzi, fra un pò non potremo più fare queste cose, ci vedrebbero troppe persone.
L'anno dopo noi non scendemmo e quando mi affacciai vidi cinque, sei persone mangiare silenziosamente davanti ad una cantina. Intorno tre nuovi palazzi li osservavano con cattiveria.
Avevo 14 anni, iniziavo a badare alle ragazze, e benedivo la fine di quelle rozze abitudini provinciali.
Mi sbagliavo.
G.P

Qualcosa è cambiato

Qualcosa è cambiato

Pochi hanno il coraggio di andare di fronte al mare a confessare i loro peccati, anche solo con gli occhi. Mare, fermati! Dicono, e il mare non si ferma. E credetemi siamo in tanti; abbiamo vergogna perfino a vederci fare tutti la stessa cosa.

Io l'ho fatto, ammetto, parecchie volte: avrei voluto fare una giravolta e, ammetto, vedere ad ogni giro una vita diversa. Ma la vita è sempre quella: vedere la targa della macchina che ti precede per buona parte della giornata, finché non ti accorgi che qualcosa è cambiato; la pianta rampicante si è impossessata di un nuovo pezzo di muro. Quando copriva un poco il numero del posto auto, il cartello del passo carrabile messo lì sotto e divelto dalle pallonate, il tampone saldamente avvinghiato al palo per evitare brutte sorpese, ora copre tutte queste cose per intero.

Una cosa stupida, ma vale. Vista dal parabrezza, schermo privilegiato e ridotto da cui percepire l'esterno ad ogni ritorno a casa, la cosa diventa rilevante come mille altre cose.

Ma tornando a noi, il mare non risponde a nessuno, è lui che domanda (intimamente). Una delle ultime volte in cui mi trovai in questa situazione singolare fu al tempo in cui mio fratello era alle prese con una brutta bestia, l'adolescenza. Lo è ancora, del resto, in tutti noi: nell'andolescenza si entra col primo bacio (anche negato) e non si esce che col primo figlio. Altre volte, sì, col primo nipote.

L.M

martedì 19 aprile 2011

Come può un fiore

Come può un fiore


Sono anni che penso che tutto faccia schifo, che il mondo sia un miscuglio d' ingiustizie, rancore, odio e violenza.
Sono tanti anni che Dio non fa altro che punire indistintamente, vedere dall' alto e continuare a punire; a creare uomini che non possono nascere senza morire, costretti ad un' esistenza a termine, all' ingiustizia di veder sparire le persone più care, così, come se non fossero niente, mai esistite. E illudersi non vale, è diventato impossibile.

Un giorno ho conosciuto una bimba, piccola piccola, che non smette mai di crescere. Ride, ha occhi grandi, e anche quando fa i capricci, quando grida per nulla, quando ha dolore ai denti, è felice come mai io ricordi d' esser stato.
Un miracolo.
Una terza vita che nasce dall' imperfetta unione di altre due, una nuova vita, una carta bianca, una spugna intrisa di serenità, fiducia e ottimismo. Non mi spiego come sia possibile, non ci credo, dev' esserci un trucco.

È vero, tutto fa schifo, si soffre, si muore, si dimentica e si sparisce; ma ci sono i bambini e sono un grande piccolo sogno, di quelli a cui vorresti credere per sempre, qualcosa che non avevi previsto e che, per questo, ti appare meraviglioso, fantasmagorico. E quando sei con loro, a giocare, a vederli mangiare, a fare lo scemo, non pensi a niente, non cerchi di ricordare, non soffri più: la vita si colora del delicato profumo d' un piccolo fiore di campo.
Chissà come può.

G.P

domenica 17 aprile 2011

Una caccia

Una caccia

Erano andati a caccia di balene, amavano dire sorridendo a chi li incontrava. Abbassavano il cappello, e senza troppi convenevoli sparivano nella neve. Con loro c’era il piccolo di uno dei bracconieri; la sua slitta era dipinta di rosso vivo fin nelle più intime scaglie di legno, e ci teneva che non si scrostasse sul ghiaccio, così ci metteva sotto una rete fitta di maglia di juta che teneva un grande panno imbottito su cui scivolava.
Era uno spettacolo veder partire un simile prodigio dell’uomo per un’assurda battuta di pesca. La pesca sul lago è già di per sé assurda; devi aspettare secondi, minuti, ore, più paziente del pesce, scuotere l’acqua lentissima con le mani attorno alla barca per sentire se ancora qualcosa si muove sotto, e attendere la marea.
Giunsero con i cani su un altipiano. Scesero le canne lustrate d’ebano, e con loro sbarcarono Il piccolo, che volle un attimo inseguire con gli occhi la furia possente di un cane che si era fermato con gli altri giocando al tiro del corpetto, e tirava dolcemente la fune del collare per strattonare il padrone. Egli scese, e notando lo sguardo impressionato del piccolo, lo liberò assieme agli altri, ma sempre tenendoli ad una certa distanza dal bambino. Lui ammirava il vapore possente che emanava il muso di quel cane, un respiro intenso, l’agitarsi del pelo bianco e grigio fluttuante al vento polare.
Il ghiaccio sotto di lui, mentre camminava, cedette agli scarponi. Uno spruzzo che si cementò col ghiaccio circostante bagnò gli altri, mentre lui si immergeva per intero sott’acqua a un paio di centimetri dalla superficie. Il padre scese immediatamente dal suo mezzo, prese il suo bastone e si precipitò verso il piccolo, che estendeva le mani cercando di resistere con le braccia troppo corte per aggrapparsi e gli occhi aperti, tramortiti. Il padre arrivò col bastone, e lo allungò verso suo figlio. Fece appena in tempo ad afferrare il bastone, che il padre ne perse la presa, e cadde nel ghiaccio anche lui. Gli altri si avvicinarono per soccorrerlo, mentre uno dei cani che il bambino aveva guardato soffiare al mondo prese a correre verso di lui. Avvicinò il muso all’estremità del bastone rimasta ancora a terra, e la trascinò verso sé con tutta la forza che aveva. Il bambino aveva le gambe che non riusciva ad agitare più, ma era ancora aggrappato al bastone.
Quel cane lo tirò fuori. Al piccolo, che negli occhi aperti aveva ancora la pozza d’acqua gelida, gli spruzzi, il proprio fiato flebile, si avvicinò il muso soffiante del cane, e lui sorrise
accarezzandolo. Restò per un poco abbarbicato su quel pezzo d riva, finché non giunse suo padre, credendo che il cane volesse mangiare il piccolo, riprese il suo bastone e scansandolo dal viso del bimbo gli mise nel muso un pezzo di legno tirato da due corde, di quelle della sua slitta, e lo trattenne indietro.
Il padre fece sedere il piccolo, che non riusciva ancora a camminare, su un rialzo di neve vicino al buco; mentre il cane stramazzava tra le mani avide di quegli uomini sorridenti. Il ragazzino lo vedeva impennarsi ed emettere enormi sbuffi di vapore, mentre gli tenevano il muso con le corde e il pezzo di legno. Sembrava una potenza naturale, invincibile, quando fletteva il collo in tutte le direzioni, e si alzava all’altezza di un uomo. Uno dei tre che lo teneva gli sparò alla testa, e l’ultimo sbuffo bianco lo abbandonò. Alzò il muso ancora una volta, e cadde come una chimera sconfitta dinnanzi allo sguardo impaurito del bambino.
Lo trascinarono via, lontano dagli altri cani, e lo buttarono nella pozza in cui era caduto il piccolo. Scivolò giù finché l’acqua non gli tenne sommerso il muso. Restò con una zampa appena fuor l’acqua, quasi volesse aggrapparsi; un attimo dopo, l’abisso d’acqua lo reclamò come un tributo di guerra. Il padre rimise il piccolo sulla slitta, legò gli altri cani, e partirono. Tornarono al solito, a tavola, raccontando come il piccolo si fosse salvato per miracolo, dopo aver ucciso un’altra balena.

L.M (Luca Marzano)

sabato 16 aprile 2011

‘Patasabato III

Luca Marzano 2011Patasabato III

  1. La necessità dell’invenzione è l’invenzione stessa. L’amore dei (mille) sensi non si fa senza un giardino su cui farlo. Nè senza attrezzi del mestiere, che donne e uomini tengono in serbo prendendosi in giro a vicenda non sempre piacevolmente. E’ un bestiario fecondo di trovate, l’invenzione.
L.M

venerdì 15 aprile 2011

Meraviglia e Gratitudine

Meraviglia e Gratitudine


Eviterò la retorica.
Quello che è successo in Giappone un mese fa mi ha particolarmente colpito.
Ogni catastrofe fa riflettere, ogni persona che scompare, direi, fa riflettere, ma in questo caso, per me, è stato diverso.
I Giapponesi sono coloro che hanno creato, oltre agli hentai e ai manga, i videogiochi così come li conosciamo.
Io sono cresciuto, e male, con loro, ma li voglio bene così come voglio bene al mio migliore, e peggiore, amico.
Ho dei bellissimi ricordi videoludici collegati, nella maggior parte dei casi, a belli o brutti ricordi reali.
Quando mi ruppi la mandibola e persi l'ultimo anno di scuola, e con esso i miei compagni di classe, fu Resident Evil su Psx a tenermi compagnia, a farmi stare sveglio, a farmi sentire vivo.
Final Fantasy VII mi disse di avere ancora fiducia negli altri, sopratutto in quella 3°F che mi porto ancora appresso; e aveva ragione.
Zelda Ocarina of Time... e la prima estate senza scuola.
Shenmue e il Dreamcast: avere fede, pensare diversamente dagli altri, credere in se stessi e nelle proprie scelte.
Super Mario Galaxy: mio padre appena uscito dall'ospedale, sano e salvo.
Potrei citarne tanti altri, ma sarebbe solo un lungo elenco senza senso, e non voglio che il senso abbandoni queste poche righe.
Davanti alla foto che vedete qui accanto, poche ore fa, ho rischiato di piangere e di sentirmi, per questo, molto culattone, ma poi ho pensato che mi piace la figa e che, quindi, non essendo culattone, era qualcos'altro a nascondersi dietro le mie lacrime, qualcosa collegato a quel bambino sorridente che manda fuori fuoco i segni della catastrofe, e a quel soccorritore che ricambia il sorriso, piegandosi sulle ginocchia; era qualcosa di molto semplice che, semplicemente, non avevo colto; era Meraviglia e Gratitudine.

G.P

giovedì 14 aprile 2011

Televisiùn!


Televisiùn!


Potrei scrivere di non aver nulla da scrivere. Potrei? anzi, posso.
Vi dico però di avere proprio qualcosina da dire, e questo qualcosa è legato a un ambito particolare, la televisione.
Di solito non la critico, perché credo ognuno abbia le sue opinioni in merito, e visto che è una fede anche quella, è meglio non "infognarsi" come si fa con la politica. Però se andava bene fino a qualche tempo fa, questo giochetto tra Meli e Ateniesi mi sta un po' stancando.
La televisione che è insegnante di tutti, poi. Al suo interno agiscono forze contrastanti che sebbene siano esageratamente vitali e primitive, altre volte sono così raffinate (nella forma soltanto) da dire che chi va in televisione (ossia chi la segue) è un imbecille, uno stupido. C'è infatti chi fa uso della lingua come fa uso della parola, e le parole sono taglienti anche quando si sa fin troppo bene che tutto è in fondo un gioco mascherato meglio degli altri.
Perché mai il modello vincente è sempre quello più odiato dagli spettatori?

L.M

mercoledì 13 aprile 2011

La scala mobile

by Luca Marzano 2011

La scala mobile


Dio è la mente. Ma la mente non è, evidentemente, Dio.

Nemmeno il sogno è un miracolo per la stessa; e poi perché dovrebbe esserlo, visto che è un’attività piuttosto ordinaria e chiarificatrice del pensiero. Il sogno rimescola le tracce meno evidenti del nostro vissuto visivo e sensoriale a quelle che lo sono di più e più importanti.

I simboli non sono quindi che ricordi o impressioni istantanee, prossimi alla nostra veglia, di stati dei vari livelli in cui versa la mente. La musica potrebbe essere un simbolo.

La musica è così importante perché coinvolge e tocca quasi tutti i livelli della mente. Il ritmo è primordiale, la disposizione della melodia è cosciente, la melodia e i toni sono incoscienti. I suoni sono un linguaggio primordiale che poi viene comunque ‘educato’ da quello esclusivamente verbale. Comunque ogni traccia elettrica ha un ‘suono’ e una durata: un po’ così facciamo, ripetendo poesie a scuola, più volte e ricalchiamo una traccia debole aumentandone la carica elettrica come si fa con la plastica che si strofina su un panno di lana. A livello sinaptico, le tracce indelebili sono quelle ricalcate ogni giorno.

L’azione del mangiare, della colazione, dell’alzarsi ad esempio.

A seconda della loro utilità e precedenza, carichiamo e memorizziamo tracce a differente potenziale che il cervello classifica in più e meno importanti.

Il miracolo, in nuce, c’è, è vero: l’informazione viene portata in scala mobile su e giù per un grande edificio. Tutto perché il piano è primigenio, già formato, e la mente ha coscienza di discriminare ciò che le è esterno da ciò che le è interno. Questa semplice distinzione le fece capire che lei era in mezzo. Non era cioè, semplicemente, un ricordo.


L.M

martedì 12 aprile 2011

Vostok I

Vostok I

Gagarin fece il suo volo. Era il primo, in assoluto.

Quando vide dal Vzor della Vostok il suo cielo, gli sembrò preparato apposta per lui, un campo seminato come i campi che aveva visto da piccolo – quelle cose sì, durano tutta una vita – ma non chi seminava. Chi aveva seminato c'era già stato, ma non era lì: il campo, ora che era pieno, era abbandonato.

Lo colpì il buio abissale che pareva tirare le ombre fin fuori alla nave, ad ogni rotazione dell'abitacolo. Era una luna in miniatura che compiva la sua nascita e morte in cento minuti circa. Fu un'escursione tra luce e ombra, quel primo passo dell'uomo oltre la sua stessa mente. I suoi occhi avevano come unico riferimento quelli puntati degli spettatori che invano scrutavano il cielo per poter vedere chi c'era lassù, e lo strumentino cardanico, quella piccola finestrina che dava su una terra dipinta che oscillava paurosamente e, ansiosa, tremava sotto l'abitacolo-pedina. Sopra c'era il vuoto che occupava più lo sguardo che i pensieri raccolti al lancio, con gli occhi bassi; avrà pensato mille cose Gagarin, vedendo il cielo uniforme e la sua casa sterminata e ancora troppo vicina. Questo volo gli sarà piaciuto più dei precedenti per la diversità del cielo che osservava: fu il cielo il vero protagonista, incomunicabilmente nero e vivo. Come per tutti i Russi, fu per gli altri uno spettacolo ridotto a poche, intense parole.


L.M

Il possibile è impossibile

Il possibile è impossibile


Oggi speravo di poter parlare di qualcosa che potesse interessare tutti, qualcosa che fosse vicino al comune concetto di "politica", ma poi ho ritenuto che parlare o fare oggi "politica" sia davvero cosa impossibile, e così ho alzato gli occhi e ho letto un passo di Pavese.
Sulla mensola sopra la mia scrivania c'è, da quasi quattro anni, un foglio che reca con sé il seguente monito:

"- Essere qualcuno è un'altra cosa,- dissi piano, - Non te l'immagini nemmeno. Ci vuole fortuna, coraggio, volontà. Sopratutto coraggio. Il coraggio di starsene soli come se altri con ci fossero e pensare soltanto alla cosa che fai. Non spaventarsi se la gente se ne infischia. Bisogna aspettare degli anni, bisogna morire. Poi, dopo morto, se hai fortuna, diventi qualcuno.
- Sei sempre lo stesso,- bisbigliò Cate. - Per non farle ti rendi le cose impossibili".

E' la mia vita in sei righe: scelta di un obiettivo ambizioso, tensione a raggiungere quell' obiettivo, badare solo e soltanto ad esso, abbandonarlo, giustificare tale abbandono.
L'ho fatto con le ragazze, con la scrittura, col lavoro, con me stesso, con ogni cosa, vera o finta che fosse.
L'ho fatto anche con questo post.

G.P

lunedì 11 aprile 2011

Quando inizia una nuova vita?


Riprendendo il contenuto di una chiacchierata con Peppe, riporto alcune righe che ho scritto qualche giorno fa... su un 'banale' interrogativo: quando inizia una "nuova vita"?

La religione non c'entra.
Il suicidio per la vecchia è già stato preparato, le scarpe lucidate, tutto l'armadio e il resto in ordine: la casualità non esiste. Esiste l'atto, infinitamente l'atto nella sua perfidia cronica e basta.
La lucidità della mente in quel secondo è eclatante, ha del sovrumano.
Poi, l'uomo può ricordare quanto vuole. Le persone che passeggiano fuori non c'entrano e non possono aver a che fare con la barriera degli occhi che guarda e non si fa guardare. Gli altri hanno voluto che ognuno venga dimenticato perché volessi "tu" (un tu generico) fare il gesto più sporco. Ma l'uomo può ricordare che viveva, che è esistito, per questo sogna ed è vivo; quello che è stato, se c'è stato, non fa più alcun male. Ma c'è una differenza.
Le bestie ricordano che c'è stato un viso con quel nome (anzi, con quell'ordine di suoni) e basta. Gli uomini tacciono, perché ricordano con le parole. E quelle hanno abituato la mente a parlare mediante una lingua a se stessa, non mediante suoni.

L.M

(p.s. nessuno di noi due si è ucciso, tranquilli...)

domenica 10 aprile 2011

Pessimismo e fastidio

Pessimismo e fastidio


Ma porca puttana dei quella troia eva bagascia!
Ieri mattina ha fatto un incidente stradale.
Non ne facevo uno da un sacco di tempo, e peraltro mai così grave.
In fase di sorpasso, accecato dal sonno mattutino, dalla radio con voce di cane Spank, dalla prospettiva di cinquanta minuti di piscina e da un sole fantastico, ho deciso di sorpassare un camion pieno di pittura bianca, e per poco non ci sono finito sotto.
Non sono qui per raccontare la dinamica di quanto accaduto, so solo che la mia amata Panda ha 1000 euro di danno, il camion tamponato non si sa ancora, e io stamattina non ho alcuna voglia di scrivere, ma solo di lamentarmi.
Pessimismo e fastidio, pessimismo e fastidio, pessimismo e fastidio....

G.P

Ridicolo


Ridicolo

Rivedendo The Reader qualche sera fa, mi ha colpito una scena in cui la Winslet apostrofa il ragazzo, coperto di fuliggine sino in viso, con un secco "guardati, sei ridicolo". Il ragazzo si guarda nello specchio e ride per l'attimo necessario a prendere coscienza della sua condizione apparentemente senza speranza.
Ridicolo...cos'è ridicolo? Non chi o cosa fa ridere, non chi appare al di fuori della normalità monotona (e cerca di spezzarla senza riuscirci)...è ridicolo CHI:
vuole vivere a tutti i costi,
si sforza di apparire normale,
cerca di entrare a far parte della normalità con le sue sole forze (gli altri ridono e per questo non hanno modo di aiutarlo),
..è il vero eroe?

L.M

sabato 9 aprile 2011

‘Patasabato II


Patasabato II

(perché il venerdì è senza patafisica)

L’invenzione del contrario è realtà mal interpretata. Viviamo su un dado. Il dado è stato tratto dal nostro peggior incubo (la matematica)... ma è certo che Cesare, attraversando il Rubicone, non ne ha mai lanciato uno. Quindi non dite bugie perché il dado (e ognuno di noi) sbaglia a tirare, dite piuttosto che il dado è fatto male.


L.M

venerdì 8 aprile 2011

Io sono mio padre

Io sono mio padre



Ci sono cose che ti cambiano la vita, per sempre, ed in profondità.
Ieri mattina, dopo una nottata difficile, ho deciso di realizzare uno dei miei tanti sogni di gioventù: giocare ad un gioco dei Pokemon!
Ne ero sempre stato affascinato da quando, all'età di 18 anni, operato ad un ginocchio, ero stato costretto a passare molto tempo a casa, e molto tempo davanti alla televisione.
Quello stupido cartone animato, perché di essere stupido era stupido, basato su una trama circolare sempre uguale, mi faceva sentire piccolo e infantile; e la cosa mi piaceva.
Ai tempi possedevo tutte le console disponibili sul mercato, ma non ebbi mai il coraggio di comprare un videogioco dei Pokemon.
Ieri mattina l'ho fatto (comprato, sì, comprato) e per giocare online con il mio Nintendo Ds, mi sono dovuto registrare al sito ufficiale.
Ecco, quella che vedete qui accanto è la mail che ho ricevuto pochi minuti dopo la registrazione.
Leggete attentamente...
A 30 anni ho scoperto qualcosa di sconvolgente:
Io sono mio padre.

G.P

giovedì 7 aprile 2011

(over-)60s


(over-)60s

I profeti non insegnano a vivere; insegnano a morire nel peggiore dei modi possibili (cioè dimenticati) come loro sono morti e rinati senza imparare alcunché dalla vita. Di profeti che insegnano a vivere, di over-60 insomma, ce ne sono troppi e vogliono a tutti i costi che il mondo vada alla maniera di quando erano assai giovani per capire quale direzione il mondo (già, lo stesso di tutte le generazioni) stesse prendendo. Per questi profeti, il clima è cambiato - ma è davvero un mondo "alieno" il nostro, o piuttosto il loro? - e comunque state tranquilli, non siamo alieni per quanto riguarda il nostro mondo, è solo la vecchiaia che gioca brutti, bruttissimi scherzi.

L.M

mercoledì 6 aprile 2011

Senza colpa


Senza colpa


Ti sei mai chiesto, mentre stai a letto con l’orecchio piegato sul cuscino che sente il tuo cuore battere e per questo non riesci a dormire:

C’è una cosa nell’universo?

C’è una mente diversa?

C’è l’io con i suoi no, ancora? Esiste ancora un io, o piuttosto è un generico tu?

L’amore è chiuso in una scatola; si fa quando si vuole, perché la mente ha bisogno di colmare le lacune di questa mente collettiva che tutti hanno ma nessuno ama come parte di sé. A pensarci bene neanche noi amiamo così tanto la nostra.

E facciamo tutto senza colpa.


L.M

martedì 5 aprile 2011

Il tempo è morto

Di una pendola senti il ticchettìo, il tragico suono bicromo che ti riporta allo scorrere del tempo, al presente che si dibatte eternamente tra il passato ed il futuro ad ogni oscillazione.
La meridiana è però morta...non si sente nulla, ma proprio nulla, del suo misurare il tempo. Il tempo passa maledettamente sempre vicino ad una meridiana. Ecco perché, ad avvisare gli osservatori, ci pensano certi motti mortiferi (tutti uguali) che ben poco hanno da spartire con il tempo in sé, eccetto la sua fine.
Sulle meridiane il tempo è già finito.

L.M

lunedì 4 aprile 2011

Sono

Sono


Ho sempre pensato che dietro la Maschera, o le Maschere, che ognuno di noi indossa ogni giorno, ci fosse una Persona, e che questa Persona fosse, comunque, rintracciabile, definibile, con tutte le difficoltà del caso.
Pensavo, per esempio, di rintracciare il mio vero essere almeno durante il sonno, o durante un'altra delle più gradite, e frequenti, azioni umane: seduto al cesso.
"Almeno lì", mi dicevo, "sono vero, sono Io".
Adesso non la penso così.
Anche lì fingo, anche in quelle occasioni non sono Io.
Indossa una Maschera, nello specifico, quella del Dormiente e quella del Cagatore.
Dunque, non sono Persona, mai.
Sono sempre Maschera?
Anche qui ho dei dubbi.
Una Maschera (alias, Personaggio) per poter esistere non ha bisogno di un Volto ( alias, Persona ), ma per vivere sì, per vivere, muoversi, ha bisogno di un Volto.
Ma io quel Volto non ce l'ho, e dunque, dove poggia la Maschera?
Su un Volto-Fantasma?
Il Fantasma prima di morire, prima di essere Fantasma, era Volto di una Persona, io, quel Volto di Persona non lo sono mai stato.
Dunque, nemmeno Volto-Fantasma.
Indi per cui, la Maschera poggerà sul Vuoto.
E bravo il coglione!
Sul Vuoto non poggia nulla, la maschera cadrebbe a terra spaccandosi.
Conclusione che non conclude?
Non sono nè Persona nè Personaggio, non ho Volto, non ho Maschera, sono il Nulla che si finge qualcosa.
Ma almeno, sono.

G.P

Non è un po' poco?

Non è un po' poco?















Due mediocrità fumanti che s'interrogano (fumando) sul breve senso delle cose (che fumano). Vivere la vita non è urgente come dover andare a comprare un pacchetto di sigarette dopo essersi tragicamente accorti che è finito.
Solo allora i tabaccai, le macchinette, la serata, la vita sono cose che hanno senso. Non è un po' poco?

L.M

domenica 3 aprile 2011

Le cose che (non) esistono

Le cose che (non) esistono

Non sono Hume, ma cerco comunque di esprimere ciò che ho pensato tra ieri e stamane.
Vi siete mai chiesti se qualcosa al mondo può esistere?
Saremmo portati a dire che tutto esiste al di fuori di noi, ma... l'etica delle cose è ordinariamente perversa.
In realtà le cose non esistono. La necessità della loro esistenza è nel loro inizio, nella mente.
Se le cose non si toccano, si deteriorano lo stesso, sono proiezioni immaginarie di sogni che la mente ha compiuto in piccolo: un telefono, una chiave, un computer.
Noi che le foggiamo nella nostra interiorità, le abbiamo rese oggetti perché ci si accorga meglio e di più, di loro. Per poi vedere che...le cose sono l'ologramma mentale più perverso. Per gli extraterrestri, non avendo la nostra stessa mente, sarebbero nulla perché nulla potrebbero le nostre cose fare per loro.
E al di fuori della finzione che appartiene alla nostra mente, le cose.
Le cose sono fatte per esser finte.

L.M

sabato 2 aprile 2011

'Patasabato I

L.M. 2011
Patasabato I
(perché il venerdì è senza patafisica)

Qualsiasi centro è solo una periferia ben costruita.

Bei palazzi, poi arrivi in centro e...eh, niente, c'è troppo traffico e non ci si può arrivare. E quando ci si arriva, si può restare delusi.
L.M